«Mio padre è morto aspettando un tampone. E Ats Bergamo mi ha chiamato solo adesso»
Andrea Panza ha scritto all'Agenzia (e a noi) per raccontare l'incredibile vicenda di suo papà, purtroppo una storia comune a tanti bergamaschi che si sono ammalati nel pieno dell'emergenza Covid
Una lettera che, in realtà, è un composto grido di protesta. Rabbioso, legittimamente rabbioso, ma non esagerato, sguaito. Andrea Panza, bergamasco, ha scritto una lettera ad Ats Bergamo e anche a noi, per fare conoscere la sua storia, che poi è, purtroppo, quella che hanno vissuto in tanti in questi ultimi tre mesi: il virus in famiglia, la malattia di una persona cara, la lotta per un tampone, la sofferenza, il lutto e, ora, la beffa di essere "riconosciuto" come vittima quando tutto è già tragicamente finito. Riportiamo, di seguito, le sue parole e la sua storia.
«Spett.le Ats Bergamo,
vi scrivo in seguito alla Vs telefonata del 16.05.2020. In questa telefonata avvisavate il sig. Fernando Panza (padre di chi vi sta scrivendo) di presentarsi lunedì 18.05.2020 per effettuare il tampone in merito alla positività o meno al noto virus. Faccio notare alcuni particolari:
- ho personalmente telefonato ai centralini regionali dell'Ats il giorno 14.03.2020 (un sabato, me lo ricordo bene) per avvisare della positività di mio padre a un tampone effettuato presso l'unità di dialisi in cui era seguito. All'atto della telefonata mi veniva comunicato che saremmo stati contattati periodicamente dagli operatori dell'Ats per seguire lo stato di salute di mio padre e dei familiari che si trovavano in quarantena con lui. Cosa che non è avvenuta.
- Dopo i 14 giorni di quarantena imposti, ho ricontattato il Vs. centralino per chiedere informazioni, visto che, appunto, non avevamo più avuto alcun contatto. Mi veniva comunicato che io, in quanto non avevo sviluppato sintomi, potevo ritenermi fuori quarantena. Mentre mio padre avrebbe dovuto attendere un tampone, e fino a quel giorno avrebbe dovuto restare in quarantena.
- Potete immaginare quale sia l'effetto sulla psiche di una persona di 70 anni (ma anche su quella di persone più giovani), costretta a passare 64 giorni in isolamento forzato in una stanza di 3 metri x 4, senza contatti diretti con i familiari, in attesa di notizie sulla possibilità o meno di poter uscire.
- Mio padre ci ha lasciato il 10.05.2020. Per la cronaca, i tamponi che gli hanno fatto in ospedale – visto che hanno fatto quasi esclusivamente quelli - sono tutti risultati negativi (così potete aggiornare le Vs statistiche).
Vi auguro maggior fortuna con il prossimo utente che contatterete. Vorrei però umilmente suggerirvi, così da evitare di girare il dito nelle ferite ancora aperte di altri parenti, di effettuare una verifica incrociata con i dati anagrafici dei comuni.
Cordialmente».