Ma c'è chi può gioire. Ricordate Bradbury?

Molly e gli altri bruciati al traguardo Il confine tra successo e figuraccia

Molly e gli altri bruciati al traguardo Il confine tra successo e figuraccia
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Fino all'ultimo respiro, e poi esulti. Dopo, oltre il traguardo. Di qua la fatica, di là la gioia. La linea che divide il successo della figuraccia è bianca, netta, evidente. Sei primo, tutto il mondo dietro. Un Leonardo di Caprio in cima al Titanic. Occhio all'iceberg. Incocciano nella figuraccia quelli che alzano le braccia al traguardo prima di averlo attraversato. Come Molly Huddle, coda di cavallo nel vento, corsa veloce, che ai Mondiali di Atletica a Pechino si è vista soffiare da sotto al naso il terzo posto. Trenta metri al traguardo, venti, dieci. Esulto, è fatta. No, dietro c'è chi non si arrende mai. E infatti nei 10.000 metri l'atleta statunitense è stata superata proprio all'ultimo (respiro, appunto) sul traguardo da Emily Infeld, americana come lei. Molly non aveva sentito i passi dell'inseguitrice tambureggiare sulla pista. Così ha mollato, ha frenato, credendo di avercela fatta. No, mai: non fatelo a casa.

 

https://youtu.be/3hdVxn57hfU

 

Petri e Bradbury. Di queste beffe spaziale ce ne sono tantissime. A Dorando Pietri, capostipite di questi amareggiati con l'oro sfilato dalla bocca, nel 1908 si vide togliere il primo posto alle Olimpiadi di Londra. Cade cinque volte, ruzzola, si rialza, non mi arrendo, di fronte a 75mila telespettatori che seguono con trepidazione le gesta di questo piccolo-grande italiano, Pietri viene ingiustamente privato del titolo faticosamente conquistato. All'epoca si disse che uno dei giudici lo aveva sorretto quando, confuso e affaticato, aveva rischiato di sbagliare strada e non arrivare alla meta. La favola al contrario, invece, è quella di Steven Bradbury che nel 2002 a Salt Lake City diventa campione olimpico nei 1.000 di pattinaggio. All'ultima curva uno i tre davanti si toccano, tutti giù per terra e Bradbury conquista l'oro. Dirà: «Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L'ho vinta dopo un decennio di calvario».

 

https://youtu.be/ONGYoUY6UhI

 

Maledette maratone. Per il resto, mai gioire prima del tempo. Nel 2014 il francese Tanguy Pepiot viene beffato clamorosamente in dirittura d'arrivo dall’americano Meron Simon, nei 3000 siepi al Pepsi Invitational di Eugene. Una figuraccia mondiale che fa il giro del web. È questione di concentrazione. Muscoli tesi, nervi saldi. Non mollare mai. Se mi lasci ti supero. L'americano Ben Payne butta via la vittoria nella Peachtree Road Race, maratona di 10 chilometri che si corre ad Atlanta. Corro più veloce del vento, e mi fermo. L'atleta, convinto di tagliare per primo il traguardo, rallenta e alza il braccio in segno di vittoria, non accorgendosi che dietro di lui sta arrivando l'inglese Scott Overall, che lo beffa e conquista la vittoria sul fotofinish. La vittoria non ti aspetta, te la devi andare a prendere.

 

 

Quel Manchester-Bayern del '99... Sul filo di lana. Finché la linea non ci separi (dalla sconfitta). Nell'atletica, ma anche negli altri sport va così. A Pechino, nel 2008, l'azzurra Josefa Idem perde l'oro nel K1 a 44 anni per 4 millesimi di secondo. Vince l'ucraina Osypenko. La Idem: «È lo sport». Poi ci ripensa: «Valevo un ex aequo». C'è chi perde all'ultima pagaiata e chi all'ultimo giro. E anche chi all'ultima palla ovale. Come quella volta che l'Italia del Rugby butta via la vittoria contro la Scozia all'ultimo minuto nel Sei Nazioni. La sconfitta arriva proprio all'ultimo istante: 20-21 per gli scoz­zesi e a deci­dere la sfida è un drop goal di Dun­can Weir quando man­cava meno di un minuto alla fine. Nel calcio c'è la zona Cesarini. Quando tutto sembra finito, sbuca il gol che non ti aspetti. Leggendaria la finale di Champions League nel 1999: il Bayern Monaco vince di un gol. Al 90esimo gli inglesi del Manchester pareggiano. Supplementari? Macché. Al 93esimo arriva il 2-1. Gli altri erano già negli spogliatoi. Con la testa, ovviamente.

 

https://youtu.be/rWGO1HN-LkE

 

E l'Atalanta? E poi c'è la Dea, sconfitta pure lei al '93 dall'Inter. Una gara di lacrime, pioggia e sofferenza vanificata da un bel tiro a giro di Jovetic, all'ultimo respiro. Vabbé, almeno non era una finale di Champions...

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