Morte della piccola Diana, niente perizia per Alessia Pifferi (che sarebbe stata presa a schiaffi in carcere)
Il giudice ha respinto la richiesta di un accertamento «neuroscientifico-cognitivo». I legali della 37enne: «Negato il diritto di difesa»
Nessuna perizia «neuroscientifica» per Alessia Pifferi, la 37enne milanese che si trova in carcere per omicidio volontario aggravato dopo aver abbandonato a casa da sola, per ben una settimana, la figlia Diana, di appena 18 mesi, per passare del tempo insieme al suo compagno a Leffe.
La richiesta era stata avanzata dai legali della donna, ma il gip di Milano Fabrizio Filice ha detto di no, sottolineando come la 37enne si sia sempre mostrata totalmente consapevole di quanto accaduto e della propria condotta, sia durante il primo interrogatorio che nei mesi successivi trascorsi in carcere.
Che Pifferi sia "lucida", di fatto, lo ammettono anche i suoi legali, i quali infatti non hanno avanzato una richiesta per valutare la capacità di intendere e volere della propria assistita, ma hanno invece richiesto un accertamento «neuroscientifico-cognitivo» per «cercare di sondare il funzionamento strettamente cognitivo dell’indagata». Secondo il gip, però, questo tipo di perizia non servirebbe al fine di valutare il dolo dell'azione della Pifferi, che poi è ciò che lui dovrà valutare appunto.
«È troppo facile chiudere la partita bollando Alessia come un mostro, bruciandola sul rogo mediatico. È stato negato il diritto di difesa», hanno commentato gli avvocati Solange Marchignoli e Luca D’Auria, i quali hanno anche denunciato che la loro assistita sarebbe stata presa a schiaffi da un'altra detenuta.