Moschea, atto secondo: il Qatar la vuole a Bergamo (a tutti i costi)
Dove eravamo rimasti? Alla ritrovata tranquillità, potremmo dire. Il 2016 sarà ricordato, almeno a Bergamo, come l'anno della grande spaccatura all'interno della comunità islamica locale. Uno scontro iniziato proprio un anno fa e prolungatosi per tutti i successivi dodici mesi, tra azioni legali, scontri verbali e mediatici, occupazioni e il rogo che, a luglio, ha distrutto parte del centro di preghiera di via Cenisio. Ora, da circa un mese e mezzo, il Centro culturale è stato riaperto e i musulmani guidati dal presidente Mohamed Saleh son potuti tornare a casa. Tanti, ma non tutti: diversi fedeli, infatti, pregano ancora nella sala comunale messa a disposizione da Palazzo Frizzoni in zona Boccaleone. Sono i membri del neonato Comitato musulmani di Bergamo, coloro cioè che si oppongono alla presidenza di Saleh e alle sue politiche di gestione in via Cenisio. Tra queste il tesseramento e il riconoscimento obbligatorio per l'ingresso nel Centro culturale, oltre alla "black list" delle persone non ben accette in quel luogo di preghiera.
«In questi mesi si sono tesserate quasi cinquecento persone - ha raccontato Saleh in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera Bergamo -. E più di duecento hanno avuto il pass provvisorio, che permette di entrare a pregare senza doversi tesserare. Ora però vogliamo riavere tutti i figli del Centro islamico». Al momento, secondo il presidente del centro di via Cenisio, sono una quarantina i fedeli che hanno deciso di continuare a pregare in Boccaleone, ma tutti loro sono ben accetti. Discorso diverso, invece, per chi «ha sfruttato questa spaccatura»: questi non potranno «più entrare in via Cenisio». Dopo mesi difficili, la situazione sembra essere tornata alla normalità. In via Cenisio non c'è più nessuno che prega per strada, i rapporti con i vicini, che da buoni si era trasformati in tesi nei mesi più caldi dello scontro tra fazioni interne alla comunità, è ora tornato ad essere più che civile. Il Centro culturale è stato rimesso a nuovo dopo il rogo scoppiato il luglio scorso in seguito all'occupazione forzata della struttura da parte di alcuni oppositori di Saleh. Furono ore di tensione.
A causare questi dodici mesi di scontri fu la decisione del predecessore di Saleh, Imad El Joulani, di usare dei fondi destinati al Centro culturale per acquisire una proprietà privata in via San Fermo e costruire lì la nuova moschea della città. El Joulani, però, non avvisò nessun vertice del Centro culturale di questa sua decisione, causando le ire di Saleh e anche dei finanziatori, ovvero la Qatar Charity Foundation. Ora El Joulani è accusato di aver truffato sia il Centro che la fondazione. Molte polemiche, inoltre, scatenò anche l'origine di quel finanziamento (quantificato in cinque milioni di euro): la Qatar Charity Foundation, infatti, è un organismo non privo di ombre. Ufficialmente, questa fondazione raccoglie soldi per progetti benefici di vario genere: costruzione di scuole, progetti per la salute, lotta alla fame, orfanotrofi e costruzione di moschee, appunto. Ma è anche stata inserita da Israele nella black list delle associazioni che sostengono integralismo e terroristi dal 2011, e più volte è stata associata al finanziamento di gruppi islamici operanti in diverse parti del mondo. Ad esempio, Foreign Policy, testata sempre attenta alle vicende internazionali, nel 2013 portava alcune prove per sostenere i legami tra la Qatar Charity e il terrorismo islamico. Difficile sapere concretamente se queste denunce abbiano un fondamento, ma certo l'eco delle stesse è arrivato fino a Bergamo, preoccupando diverse persone.
Per questo, forse, il Comune aveva tirato un sospiro di sollievo quando la fondazione sembrava aver cambiato l'obiettivo delle proprie mire in suolo italiano. Invece, a quanto pare, Bergamo resta una delle loro priorità. Lo ha detto Saleh nell'intervista al Corriere, nella quale ha comunicato che grazie ai fondi messi nuovamente a disposizione dalla Qatar Charity Foundation, il Centro culturale si sta muovendo per realizzare una nuova moschea in città: «Il sogno di realizzare un nuovo centro islamico c’è ancora, non molliamo, anche perché abbiamo la promessa della Qatar Charity che vuole realizzare il progetto a Bergamo. Siamo in stretto contatto con loro, ci chiedono spesso novità sul nuovo progetto. Stiamo già lavorando, anche se il percorso non sarà facile. Ora sistemiamo le vecchie questioni nelle sedi giudiziarie, poi penseremo al futuro. Però vogliamo farci trovare pronti quando ci saranno le condizioni per fare la moschea. Quello che è successo ci fa onore: non abbiamo accettato passaggi al buio, ma abbiamo dimostrato che vogliamo fare le cose alla luce del sole, nel rispetto delle regole». Una nuova moschea, dunque. Ma dove? «Lo spazio l'abbiamo già individuato, è in città - spiega Saleh -. Quando sarà il momento diremo dove si trova, ora è presto. Si tratta di uno spazio privato, che dovremo acquistare. Non è in via San Fermo. È un luogo adeguato per le normative. Non è in mezzo alle case. Vorremmo realizzare un centro islamico adeguato alle esigenze della comunità. Serve una specie di oratorio, aperto a musulmani e non musulmani. Dovrà essere una fonte di ricchezza, non di disturbo». Sta per arrivare un'altra tempesta o forse il tempo di fulmini e saette è ormai passato?