Solo mezzo cucchiaino al giorno

Non ci vuole un po' di sale in zucca (per il mal di testa, meglio insipido)

Non ci vuole un po' di sale in zucca (per il mal di testa, meglio insipido)
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Dimezzare il quantitativo di sale, ovvero passare dagli 8 grammi al giorno normalmente consumati ai 4 grammi, non solo protegge il cuore dal rischio di malattie cardiovascolari, come infarto ed ictus, ma potrebbe aiutare anche a ridurre gli accessi e l’entità del mal di testa. A suggerire questa nuova ipotesi è uno studio americano, condotto da alcuni ricercatori della John Hopkins University di Baltimora, nel Maryland, che hanno pubblicato i risultati della loro sperimentazione sulla rivista British Medical Journal Open.

Il sale. Non più di mezzo cucchiaino da tè. È questo l’apporto terapeutico di sale, la cui soglia non andrebbero mai superata. Vano tentativo, perché fra il sale normalmente aggiunto alla preparazione delle pietanze e quello nascosto negli alimenti, specie nei prodotti industriali, quell’ideale cucchiaino da tè viene totalmente riempito. Peggio, anche superato.

 

 

E così si mettono a repentaglio la salute del cuore e la testa, rendendola più soggetta allo sviluppo di emicrania o all’intensificazione delle crisi di mal di testa e tutte le sue implicazioni: uso eccessivo di farmaci, assenza dal lavoro, limitazione della vita affettiva e relazionale quando il dolore diventa ingestibile. Lo sanno bene il 46 percento degli italiani, soprattutto donne, che soffrono sporadicamente di cefalea primaria, non attribuibile cioè ad altre malattie, di cui circa il 2-3 percento in forma cronica. Ad essi una recente ricerca americana suggerirebbe una strategia preventiva a basso costo: una maggior attenzione alla dieta, ovvero meglio insipida che salata, per arrivare a ridurre fino ad un terzo gli attacchi di mal di testa.

Lo studio. Al centro della ricerca americana naturalmente c’è il sale e la sua modalità di assunzione studiata attraverso la comparazione di due modelli di dieta: il Dietary Approaches to Stop Hypertension, detta dieta DASH contro l’ipertensione, ricca di frutta, verdura, latticini, a basso contenuto di grassi saturi e con ridotto numero di grassi totali, ed una dieta di controllo, tipica dei modelli di consumo occidentali.

Per studiarne i differenti effetti, i ricercatori di Baltimora hanno arruolato quasi 400 volontari, poi divisi in tre gruppi a cui è stata assegnata in forma casuale e a rotazione mensile, ovvero per tre periodi di 30 giorni ciascuno, il consumo della dieta DASH o di quella di controllo in modo che a fasi alterne potessero assumere cibi con alto contenuto di sale (8 grammi), oppure con una quantità di sale media (6 grammi) o, ancora, con un basso contenuto di sale pari a 4 grammi.

 

 

Parallelamente, i partecipanti allo studio venivano anche interrogati sulle crisi e l’intensità delle cefalee tramite un questionario auto somministrato, riempito e controllato alla fine di ogni periodo di dieta. Ai controlli mensili è emerso che una ridotta assunzione di sodio (massimo 3 grammi al giorno) era associata ad un rischio molto più basso di emicranie nei giovani. Ovvero chi aveva consumato cibi ad alto contenuto di sodio (circa 8 grammi al giorno) aveva registrato un terzo in più di mal di testa rispetto a coloro tenuti a regime con solo 4 grammi di sodio al giorno. Di contro, i differenti modelli alimentari non avevano sortito alcun effetto che potesse modificare il rischio di mal di testa negli adulti.

Le conclusioni. Dunque come si spiegano i benefici sul mal di testa? Occorreranno ancora alcuni studi per attestarne la veridicità scientifica, ma la prima ipotesi avanzata è che un consumo inferiore di sale abbassa la pressione arteriosa e riduce i battiti cardiaci, con una diminuzione significativa del dolore e dell’accesso emicranico. Con un vantaggio ‘totalitario’: infatti l’effetto benessere era indipendente dal livello di pressione sanguigna e ottenibile sia nel gruppo di volontari con pressione sanguigna normale, sia in quelli ipertesi. Perché non provare?

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