«Non rappresenta l’Islam»

"Non nel mio nome", il video dei musulmani contro l'Isis

"Non nel mio nome", il video dei musulmani contro l'Isis
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L’Isis non rappresenta l'Islam né alcun musulmano, perché è totalmente non-islamico, perché uccide persone innocenti, perché è ingiusto. Dobbiamo stare tutti uniti e cercare di fermare questo gruppo dal danneggiare l’Islam e i musulmani.
Non nel mio nome, perché il vostro leader è uno che mente [...]. Perché non rispettate la legge coranica, perché quello che fate è disumano, perché abusate dei cuori e delle menti, perché non avete compassione. Perché la mia religione promuove la tolleranza per le donne e voi non avete rispetto per loro.
Non nel mio nome. L’Isis non rappresenta l’Islam.

Pochi giorni fa, Sheikh Abu Mohamed al Adnani al Shami, il portavoce del Califfato, ha invitato i musulmani di tutto il mondo a condividere la guerra che l’Isis sta portando avanti con ogni mezzo contro l’Occidente, fino addirittura a perpetrare omicidi nelle proprie città di appartenenza. Nella tragicità di una situazione del genere, c’è una nota positiva: non tutti gli islamici intendono rispondere a questa folle chiamata; anzi, sono in tanti quelli che manifestano e si schierano contro le milizie jihadiste.

#NotInMyName, non nel mio nome. Sono moltissimi e in tutto il mondo i musulmani che si stanno ribellando all’operato dello Stato islamico: in particolare, questi “ribelli” si rifiutano di considerare quanto stanno compiendo i soldati dell’Isis come qualcosa che abbia anche la minima connessione con la loro religione, e soprattutto che sia una guerra che rappresenti qualsiasi fedele islamico. #NotInMyName è l’hashtag lanciato in questi giorni sui social network da parte di tutti i musulmani che non si riconoscono nel Califfato, e che anzi biasimano con forza il suo operato: non nel mio nome, non per me, voi non mi rappresentate. Contrastare la crescita dell’Isis attraverso il web, che da sempre è terreno fertile per arruolare giovani jihadisti da tutto il mondo, è uno degli scopi principali che questa protesta anti Califfato intende ottenere.

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Le manifestazioni europee. Tantissimi i Paesi in cui questa sta prendendo sempre più piede: in Norvegia, dove a fine agosto si è tenuto uno dei primi cortei; in Germania, dove venerdì 19 settembre le associazioni dei musulmani moderati hanno dato vita a un giornata contro l’estremismo e l’intolleranza, e contro l’avanzata degli jihadisti dello Stato islamico in Medio Oriente. In oltre duemila moschee in tutto il Paese, in occasione della tradizionale preghiera del venerdì, i musulmani hanno condannato le violenze brutali dell’Isis, prendendo le distanze dal suo radicalismo. E anche in Italia, a Milano, dove è stata organizzata da un gruppo di islamici una fiaccolata, accompagnata da un flash mob e da una serie di comizi, per dire basta alla violenza e al terrorismo. Durante la manifestazione, è stata anche bruciata una bandiera dell’Isis.

Il plauso delle istituzioni. Dopo le manifestazioni in Germania, il Ministro degli Interni tedesco Thomas de Maiziere ha lodato la «straordinaria coesione» con cui i musulmani che vivono in terra teutonica hanno preso le distanze dal terrorismo. Questa campagna ha anche attirato l’attenzione del Vice-presidente del Parlamento Europeo David Sassoli che, proprio nel giorno in cui il Parlamento annuncia i sette finalisti al Premio Sakharov per la libertà di pensiero, invita a sostenere i giovani musulmani che si battono contro il terrore.

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