Da lì sarebbero poi scappati in Toscana

Uno tsunami che travolse i nuraghi Forse Atlantide era in Sardegna

Uno tsunami che travolse i nuraghi Forse Atlantide era in Sardegna
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L’isola perduta di Atlantide ha interessato un po’ tutti i campi del sapere, da quello archeologico e mitico, a quello geografico-climatico, fino a quello politico. Benché non siano state mai trovate tracce sicure della sua esistenza, gli studiosi e altri appassionati più o meno scrupolosi hanno continuano a lambiccarsi su che cosa e dove fosse, in realtà, Atlantide. L’ultima ipotesi è stata formulata dal giornalista di Repubblica Sergio Frau, autore del libro Le Colonne d’Ercole. Un’inchiesta, pubblicato nel 2002. Secondo Frau, Atlantide sarebbe da localizzarsi in Sardegna, in particolare nell’area meridionale dell’isola, quella in cui si è sviluppata l’antica civiltà nuragica. Qui sarebbe da scoprire tutta una “Pompei marina”, scomparsa in seguito allo schianto di una cometa nel II millennio a.C, schianto che avrebbe a sua volta provocato un terribile tsunami. Gli archeologi confermano, infatti, che la civiltà vissuta tra il XVI e il XII sec. a.C. è scomparsa proprio in seguito a tale calamità naturale, la stessa che Platone menziona per spiegare la fine del regno di Atlantide. Ma la teoria di Frau ha bisogno di ulteriori prove per potere essere accettata – sempre che sia possibile per noi contemporanei svelare il mistero di Atlantide.

 

 

Dalla Spagna alla Sardegna. La civiltà nuragica giunse in Sardegna probabilmente dalla penisola iberica e riuscì a prosperare per molto tempo, dedicandosi a pastorizia ed agricoltura. Era strutturata in famiglie o clan che controllavano il territorio e che avevano sviluppato l’arte della costruzione dei nuraghi, gli edifici dalla forma conica che ancora oggi si possono ammirare in Sardegna, soprattutto a Su Nuraxi, a Barumini e a Su Mulinu, vicino a Villafranca. Ancora non siamo in grado di chiarire quale scopo rivestissero i nuraghi, se difensivo, astronomico e/o sacrale. Dopo la crisi abbattutasi sulla popolazione in seguito allo tsunami, molti si trasferirono sulle coste toscane e laziali, contribuendo alla nascita della civiltà etrusca.

Cosa dicevano gli Egizi. È peraltro notevole che gli Egizi conoscessero gli Shardana, come venivano chiamati i popoli della Sardegna primitiva. In un documento risalente all’età di Ramses II, ad esempio, si legge: «Gli Shardana sono venuti con le loro navi da guerra dal mezzo del Grande Verde (Gran Mare, ndr), nessuno può resistergli…Gli Shardana del mare, dal cuore ribelle, senza padroni, che nessuno aveva potuto contrastare». È probabile che gli Egizi avessero avuto a che fare con gli Shardana in qualità di mercenari, poi impiegati dallo stesso faraone. Un’iscrizione sul tempio di Ramses III, inoltre, conferma l’episodio dello tsunami e racconta la storia di come un popolo straniero vide la propria terra venire sommersa dai mari. Il coinvolgimento degli Egizi nella storia degli Shardana non è senza conseguenze, poiché sono stati proprio loro a mettere al corrente Platone della storia di Atlantide.

 

 

Ciò che scrisse Platone. Platone parla due volte di Atlantide, prima nel Timeo e poi, più diffusamente, nel Crizia, due dialoghi collocabili intorno al 360 a.C. Atlantide sarebbe stata un’isola gigantesca, grande quanto Libia e Anatolia messe assieme e collocata davanti alle Colonne d’Ercole. Nemica di Atene, sarebbe scomparsa in seguito ad un cataclisma. Secondo quanto racconta il filosofo, l’isola sarebbe stata data al dio Poseidone che, innamoratosi di una sua abitante, Clito, decise di circondare il regno con tre cerchi d’acqua e due di terra, rendendo i suoi campi molto fertili. I discendenti di Clito e del dio avrebbero poi governato Atlantide per molti anni, dividendo il territorio in dieci sezioni. Le parole di Platone indussero gli antichi Greci ad interrogarsi sull’esistenza effettiva di una simile civiltà. Alcuni tentarono di localizzare l’isola, ma ci furono anche parodie e riscritture letterarie.

 

 

Tra utopia e realtà. Il mito di Atlantide risorse durante l’Umanesimo, insieme alla letteratura utopica - si pensi, ad esempio, alla Nuova Atlantide di Francis Bacon. L’isola perduta era diventata il simbolo della società perfetta, ma nessuno pensava che potesse essere esistita veramente. Nessuno, o quasi: abbiamo infatti notizia di un certo Olaus Rudbeck, svedese, il quale asseriva che la sua patria fosse la vera Atlantide, nonché la culla del latino e dell’ebraico. Tanto basti per comprendere l’attendibilità del soggetto. Qualche secolo più tardi, alla metà dell’Ottocento, degli studiosi mesoamericani cominciarono a sostenere che Atlantide fosse in realtà la civiltà maya, o quella azteca; altri, invece, pensarono che Atlantide fosse il nome attribuito ad una civiltà neolitica da cui sarebbero nate tutte le altre società antiche. Nel complesso, si continuò a parlare dell’isola di Platone e a formulare ipotesi più o meno ragionevoli per un bel po’. Al tema s’interessarono persino i nazisti, che ovviamente erano sicuri che gli abitanti di Atlantide fossero un popolo Iperboreo, antenato della razza ariana. Al di là delle assurdità tendenziose e delle idee strampalate di mistici e astrologhi, Atlantide è stata collocata un po’ in tutto il mondo: nelle Americhe, in Antartide, nel Mediterraneo, persino in Africa. Ma dagli anni Sessanta in poi il mito perse gran parte del suo allure. L’accettazione della teoria della deriva dei continenti smorzò gli entusiasmi di molti: la scienza, come spesso accade, riportò i sognatori con i piedi per terra.

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