Ok fare la spesa, ma fatela da soli e non andate tutti i santi giorni
Abbiamo fatto la spesa all'Iper di Seriate. Tutto in ordine, ma si trovano ancora diverse coppie di anziani e qualche famiglia. Oltre a chi fa la spesa ogni giorno
di Giordano Signorelli
Nell'ultimo periodo, le uscite di tutti noi sono molto limitate e quindi anche andare a fare la spesa in un supermercato è vista un po' come una liberazione da una prigionia cui tutti, nolente o dolente, dobbiamo attenerci. Per aiutare a contenere la diffusione del virus, che sta mandando letteralmente al collasso gli ospedali bergamaschi e non solo, il diktat giunto dal Governo è quello di uscire il meno possibile, quindi anche nell'esecuzione di questa operazione fondamentale per la sopravvivenza, sarebbe necessario ottimizzare tutto quanto possibile: fare una spesa "grossa" in modo da limitare le uscite, restare nelle vicinanze del domicilio, evitare di recarsi in più persone del nucleo familiare e via dicendo.
Venerdì 20 marzo, cogliendo l'occasione di dover fare la spesa per me e per i miei genitori ultrasettantacinquenni, mi sono recato all'Iper di Seriate - uno dei supermercati più gettonati della Bergamasca - anche per capire se queste disposizioni fossero state recepite.
Solitamente, nei giorni "normali", il venerdì alle 12.40 l'Iper pulluladi gente. Chi fa la spesa, chi mangia un boccone nella propria pausa pranzo, chi semplicemente si fa un giretto fra i negozi. Invece stavolta il parcheggio era quasi deserto: un segnale che molta gente ha capito che deve rimanere a casa. All'esterno di uno dei tre ingressi c'era una pattuglia della Polizia Locale di Seriate a verificare la posizione di qualche cliente del centro, mentre in galleria tutto mi appariva desolante: pochissime persone, saracinesche abbassate, luci soffuse. Una tristezza necessaria per cercare di uscire il più velocemente possibile da questo tunnel.
Appena entrato nell'ipermercato, noto che non c'è molta gente. L'occhio poi mi cade sui dipendenti, in numero drasticamente ridotto, che cercano di lavorare nella massima sicurezza: guanti, mascherine, distanze e via dicendo. Anche gli scaffali sono ben forniti, pertanto il rischio di rimanere senza provviste non c'è. Non si trovano più solamente i guanti in lattice: quelli sono letteralmente andati a ruba. Ma per quanto concerne i generi di prima necessità (pane, pasta, riso, sughi, detersivi, ecc.), non mancano le scorte.
Poi l'attenzione si sposta sui clienti, e qui le cose vanno meno bene. Molta gente si muove singolarmente con il proprio carrello, ma in circolo ci sono ancora parecchie coppie di anziani ultrasettantenni (considerati ad alto rischio contagio), un paio di donne in avanzato stato di gravidanza e persino qualche (per fortuna poche) famiglie al gran completo con figli al seguito. E non va bene, non va assolutamente bene. Mi consola parzialmente il fatto che si tratti di poche unità.
Proseguo il mio percorso, completo la mia ricca spesa e mi avvio alla cassa. E qui arriva la nota dolente. Poche casse aperte (forse dovute al poco personale disponibile) e un'attesa di mezz'ora. Ma vabbé, del resto non ho molto altro da fare, quindi attendo con pazienza il mio turno (a differenza di qualche buontempone che cerca di fare la furbata nella cassa poco distante dalla mia). Il tutto avviene mantenendo ovviamente le distanze di sicurezza, anche perché ci sono anche dei veri e propri steward adibiti al controllo delle distanze. Ben fatto. Poi osservo con attenzione anche i clienti delle casse fast: chi con un ricco cesto, chi invece solo tre o quattro prodotti. Domani saranno nuovamente qui, mi dico. E dopodomani anche. E via dicendo. Male. Molto male.