Omicidio di Costa Volpino: anche Sara, come Sharon, uccisa senza un perché
La confessione agli inquirenti di Jashan Deep Bashan dopo l'uccisione della diciottenne lascia davvero attoniti
di Wainer Preda
«Non so perché l’ho fatto». Le parole del presunto omicida di Sara Centelleghe suonano simili a quelle di Moussa Sangare, in carcere per l’assassinio di Sharon Verzeni. Casi diversi, contesti diversissimi. Eppure accomunati da quell’identica, terribile frase che racconta gli omicidi “per nulla”.
È già il secondo, in pochi mesi, in Bergamasca. Stavolta è toccato alla diciottenne di Costa Volpino. Sara era una studentessa dell’Istituto Ivan Piana di Lovere. Solare, con tanti sogni e speranze. È stata assassinata nella notte fra venerdì 25 e sabato 26 ottobre, verso l’una. Con colpi al volto inferti da una forbice.
Il suo presunto assassino ha confessato. Si chiama Jashan Deep Bashan. Ha 19 anni, figlio di immigrati d’origine indiana. Fa l’elettricista in una ditta di Endine ed è un vicino di casa della ragazza. Secondo l’autopsia, l’avrebbe colpita una settantina di volte. Prima con pugni alla testa e in viso. Poi a forbiciate. Per questo il pubblico ministero Giampiero Golluccio, titolare delle indagini, gli contesta l’omicidio volontario con l’aggravante della crudeltà.
Il quadro investigativo presenta alcuni nodi da chiarire. Stando agli inquirenti, i due non si conoscevano, forse di vista, certo non si frequentavano. Abitavano in condomini gemelli, nel grande complesso al civico 124 fra via Nazionale e via Wortley, nulla più.
Lui però conosceva un’amica minorenne di Sara. Le aveva chiesto un appuntamento per quella sera. La diciassettenne ha raccontato di essere stata tutta la giornata a casa di Sara. Poi, quando Sara si è addormentata, avrebbe prima chiamato e poi mandato sms al ragazzo per vedersi sotto casa. Forse per scambiarsi della droga, è l’ipotesi investigativa (...)
Troppo comodo dire "non c'era un motivo". Io non ci credo. Il motivo, nella testa dell'assassino c'è sempre di sicuro, probabilmente così vergognoso nella sua banalità che, dopo, gli assassini si rifiutano di ammetterlo, anche per tenersi aperta la porta della richiesta di seminfermità mentale e dell'ovvio e gradito sconto di pena.