Omicidio di via Tiraboschi, l'esito dell'autopsia: Mamadi Tunkara ucciso con undici coltellate
Mentre in carcere il reo-confesso Sadate Djiram diceva al gip di aver «rovinato due vite», al Papa Giovanni veniva svolto l'esame che ha ricostruito il terribile delitto
Un omicidio ancora più brutale rispetto ai racconti dei primi testimoni. Si è svolta stamattina (martedì 7 gennaio), all'obitorio dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo, l'autopsia sul cadavere di Mamadi Tunkara, l'addetto alla sicurezza del Carrefour di Porta Nuova ucciso nel pomeriggio di venerdì 3 gennaio in via Tiraboschi da Sadate Djiram, il quale ha sferrato ben undici, violente coltellata a Tunkara.
La violenta aggressione
Subito dopo la tragedia, mentre il 28enne del Togo era ancora in fuga, le prime informazioni raccolte tra coloro che avevano assistito, attoniti e terrorizzati, all'aggressione riportavano di tre, quattro coltellate. L'esito dell'esame autoptico ha invece dimostrato che la furia cieca di Djiram è stata ancora più violenta, al punto che il coltello usato (da cucina e con una lama lunga ben 14 cm) - poi ritrovato in una aiuola in via Paglia - aveva la lama completamente piegata.
A risultare letale per Tunkara, 36enne del Gambia, sarebbe stato un fendente che lo ha colpito esattamente al cuore. Per questo, nonostante il pronto soccorso di alcuni passanti, l'addetto alla sicurezza è spirato in pochi secondi, rendendo vano l'arrivo dell'ambulanza.
«Ho rovinato due vite»
Nelle stesse ore in cui al Papa Giovanni veniva effettuata l'autopsia, nel carcere di via Gleno il presunto assassino parlava al gip, che ha poi convalidato il fermo. Djiram ha confermato la confessione rilasciata sabato, dopo che la sua fuga era stata fermata in Svizzera ed era stato riportato a Bergamo. La gelosia, dunque, sarebbe alla base del delitto. Il 28enne pare però essersi reso pienamente conto del gesto folle, tanto che al gip avrebbe detto: «Ho rovinato due vite».
L'avvocato dell'uomo, Michaela Viscardi, fuori dal carcere ha anche confermato il fatto che il suo assistito nega la premeditazione (che gli è stata invece contestata dalla pm): sebbene fosse andato a cercare Tunkara, non aveva intenzione di fargli del male, ma solo di parlargli. Il coltello lo aveva con sé perché, vivendo da qualche tempo per strada, gli serviva per difendersi da eventuali aggressioni.