Vittime e killer

Omicidio Maltesi, le motivazioni della sentenza: Fontana ha ucciso perché si sentiva usato

La condanna a 30 anni criticata dalla famiglia della vittima. Il documento ritrae un colpevole frustrato, che si riteneva sfruttato

Omicidio Maltesi, le motivazioni della sentenza: Fontana ha ucciso perché si sentiva usato
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Si era accorto che la stava perdendo e che lei lo aveva usato: per questo Davide Fontana avrebbe ucciso Carol Maltesi, in maniera efferata e cercando poi di distruggere il cadavere per eliminare le prove. Almeno, questa è la versione, riportata da Il Giorno, contenuta nelle motivazioni della sentenza della Corte di Busto Arsizio, redatta dal presidente Giuseppe Fazio. Nel processo di primo grado, la condanna per il bancario 44enne è stata di trent'anni, invece che l'ergastolo come chiesto dalla Procura.

«L'idea di perderla insopportabile»

«L’uomo si rese conto che ormai, dopo averla in qualche misura usata, Maltesi si stava allontanando da lui, scaricandolo – si legge nel documento –. L’idea di perdere i contatti stabili con colei che egli, per sua stessa ammissione e secondo l’amica testimone, amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva poiché gli aveva permesso di vincere la sostanziale solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile».

In pratica, Fontana avrebbe assassinato la ragazza perché non tollerava il pensiero di tornare alla vita monotona e solitaria di prima, che aveva avuto una svolta proprio dall'incontro con lei. Com'è ormai noto, infatti, i due oltre a collaborare per alcuni contenuti che la giovane offriva online, avevano avuto anche una breve relazione, poi interrotta, anche se avevano continuato a frequentarsi. Questo fino all'annuncio, da parte della 26enne, di volersi trasferire a Verona, per stare vicina a suo figlio di 6 anni. Un'informazione che avrebbe fatto perdere la testa al condannato.

Davide Fontana

«Senso di crescente frustrazione»

«Fontana si è reso conto che la giovane e disinibita Carol si era in qualche misura servita di lui, per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali, e che lo avesse usato e ciò ha scatenato l’azione omicida - continua il giudice nelle motivazioni -. A spingere l’imputato non fu la gelosia ma la consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte.

Il movente dell’omicidio per la corte d’assise non può essere considerato abietto o futile in senso tecnico-giuridico né il delitto è stato premeditato: potrebbe essere stato frutto di una decisione maturata lentamente, ma fu conseguenza di condotta voluta dall’imputato sorretta da dolo diretto se non da dolo intenzionale, ma non di premeditazione».

Carol Maltesi

La sentenza criticata dalla famiglia della vittima

I legali di Fontana, adesso, valuteranno se ricorrere in Appello contro la sentenza. Resta da capire quali saranno le reazioni della famiglia di Carol dopo la pubblicazione del documento, considerando che già alla lettura della sentenza erano state fatte osservazioni sulla differenza tra la pena richiesta dai pm e quella stabilita dai giudici.

«È una vergogna, mia nipote l'ergastolo lo ha avuto a vita, così come sua madre e il mio nipotino» aveva dichiarato la zia della vittima, Anna, aggiungendo che si aspettavano la condanna a vita. Contrarietà era stata espressa sui social anche dal padre della ragazza, Fabio Maltesi, che aveva definito l'assassino un «mostro» e lasciando intendere che trent'anni per lui erano pochi.

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