E lei gli si presenta alla porta

Paga sicari per uccidere la moglie Ma loro vanno a raccontarle tutto

Paga sicari per uccidere la moglie Ma loro vanno a raccontarle tutto
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Sospettava che la moglie lo tradisse, perciò aveva ingaggiato dei sicari per farla rapire e poi uccidere. Non aveva però fatto i conti con le sorprese della coscienza umana, che pare sia entrata in azione per fermare la mano degli assassini prezzolati. Questa, in breve, la vicenda ai limiti dell’incredibile che coinvolto Balenga Kalala, un rifugiato congolese trasferitosi in Australia nel 2004, e la consorte, Noela Rukundo. Kalala viveva a Kings Park, nell’area nordoccidentale di Melbourne, insieme alla compagna e ai figli. Approfittando di un’assenza della donna, recatasi in Burundi a fine gennaio per partecipare al funerale della sua matrigna, Kalala aveva assoldato dei sicari, promettendo loro un compenso di 7mila dollari.

 

 

La crisi di coscienza dei sicari. Nel frattempo Noela, ignara di tutto, chiamava frequentemente il marito in Australia dal suo hotel di Bujumbura. Kalala le aveva detto che avrebbe badato ai loro figli e ai cinque bambini che l’uomo aveva avuto da relazioni precedenti. Durante la chiamata telefonica del 17 febbraio, Rukundo ha detto al consorte che a Bujumbura faceva molto, troppo caldo. Il marito le ha suggerito di uscire a fare due passi. La donna ha ascoltato il consiglio del marito. È stato allora che Noela è stata aggredita da un uomo che l’ha minacciata con una pistola. Le ha detto di stare zitta e l’ha spinta all’interno di un veicolo in cui c’erano altri due uomini. Le hanno coperto la faccia e si sono messi in moto. Rukundo è stata condotta in un luogo sconosciuto, dove le è stato detto da un quarto membro del gruppo che il marito aveva pagato perché lei venisse uccisa. A quel punto, però, i sicari l’hanno rassicurata, affermando che non avrebbero eseguito il compito, perché non volevano fare del male a una donna. L’hanno così liberata, non prima però di darle le ricevuta del versamento effettuato dal marito e una memory card contenente le registrazioni delle loro telefonate. A Kalala, invece, hanno comunicato di avere obbedito ai suoi ordini.

 

 

Il confronto. La signora Rukundo ha deciso coraggiosamente di affrontare il marito che aveva cercato di farla assassinare. Il 19 febbraio si è presentata davanti alla casa che condividevano. Il marito, ovviamente, era stupefatto di vedere davanti a lui, viva e vegeta, la donna che credeva di avere fatto uccidere. «Sorpresa, sono ancora viva. Sei un uomo orribile. Perché mi volevi morta? Cosa mi dici dei tuoi figli? Chi si sarebbe preso cura di loro?». La coppia, infatti, aveva tre bambini, di cinque anni, di dieci e di undici. La comunità africana di Melbourne aveva già cominciato a raccogliere fondi in loro sostegno, perché il padre, Kalala, aveva diffuso la notizia della morte della moglie, deceduta, secondo le parole dell’uomo, in un incidente mentre era in Burundi.

Accusato di incitamento all’omicidio. Inizialmente, Kalala si è rifiutato di riconoscere le sue responsabilità, ma la Corte Suprema di Victoria ha ricevuto la conferma del pagamento avvenuto a suo nome a favore dei sicari. «Qualche volta il diavolo può entrare in una persona, fare qualcosa, ma dopo che si agisce si comincia a pensare: “Che cosa ho fatto?”», ha dichiarato più tardi Kalala. L’uomo è stato accusato dall’autorità giudiziaria australiana di incitamento all’omicidio e ha infine riconosciuto la sua colpevolezza. La sentenza del tribunale, tuttavia, non è stata ancora emessa.

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