Prostituzione, un paio di note sulle leggi che puniscono i clienti
Con larga maggioranza, 81 voti a favore e solo 10 contrari, il Parlamento dell’Irlanda del Nord ha approvato la legge sullo sfruttamento della prostituzione. Ma, al contrario di quanto si potrebbe pensare di primo acchito, le sanzioni che diverranno presto operative non sono rivolte a chi la prostituzione effettivamente la esercita, bensì ai clienti che ne approfittano. È questa la misura che da qualche tempo sta prendendo piede in Europa con sempre maggior forza per tentare di contrastare il fenomeno del sesso a pagamento: il “modello nordico”, così chiamato avendo preso le prime mosse in Svezia e Norvegia, è già infatti divenuto norma, oltre che nei Paesi citati, anche in Islanda, e sembra potersi diffondere ancor di più nei prossimi tempi, a cominciare dalla Francia, dove la legge è già in discussione, fino anche all’Italia.
Il monito europeo. Nel febbraio del 2014 il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione non vincolante con cui si invitavano i Paesi aderenti in primo luogo a ridurre il fenomeno della prostituzione, e in secondo luogo a farlo attraverso un meccanismo di sanzioni nei confronti dei fruitori e di tutele per le donne sfruttate, attuando appunto il modello nordico. Ma, curiosamente, chi pare opporsi con fermezza a queste nuove norme destinate a divenire presto vigenti nella maggior parte degli Stati dell’Unione Europea, sono proprio le donne coinvolte nel giro della prostituzione.
Le sex workers sono contrarie. Cominciando proprio dall’Irlanda del Nord, il 98 percento delle donne che rientrano nel mondo della prostituzione si è dichiarato contrario all’introduzione della nuova legge: nello specifico, il 61 percento ritiene che il proprio lavoro diverrà sicuro, l’85 percento invece pensa che siano norme inutili. Ma le proteste delle cosiddette “sex workers” hanno già assunto un ben più ampio respiro: una petizione che mette in discussione l’effettiva utilità del modello nordico è già stata firmata da 560 fra organizzazioni non governative e associazioni di sex workers, in tutta Europa.
Nello specifico, viene sottolineato come gran parte del fenomeno della prostituzione non è legato a sfruttamento e violenza, ma soprattutto da scelte consapevoli e addirittura professionali. Inoltre, una lotta accanita alla prostituzione porterebbe questo mondo, ritenuto ineliminabile, a svilupparsi secondo canali e modalità decisamente più illegali e pericolose per le donne coinvolte. Senza contare l’aspetto economico: spesso, dietro alla scelta consapevole di prostituirsi, ci sono necessità economiche da parte delle singole donne che, con l’introduzione di queste norme, verrebbero ulteriormente amplificate. Piuttosto, la speranza delle sex workers è esattamente opposta alle nuove norme, ovvero la legalizzazione della prostituzione in contesti, come le case chiuse, sicuri e protetti.
In Italia. Nel nostro Paese si fanno sempre più numerose le voci, da parte di numerosi politici, che vorrebbero anche da noi l’introduzione del modello nordico. Al momento, la materia è disciplinata dalla legge Merlin del 1958, che prevede l’abolizione delle case chiuse su tutto il territorio, e da ferree misure di contrasto alla prostituzione rivolte soprattutto alle stesse donne che esercitano questo tipo di attività.
Fece scalpore, a suo tempo, la proposta di legalizzare la prostituzione per poter ottenerne un gettito fiscale che, secondo le stime, sarebbe potuto essere particolarmente cospicuo. Uno scenario del genere pare piuttosto inverosimile per il futuro dell’Italia; anzi, pare che il nostro Paese intenda allinearsi alle direttive europee in tempi abbastanza brevi. Rimane senz’altro il dubbio di fronte a un notevole paradosso: le istituzioni che offrono tutele a una certa categoria di persone che di queste tutele proprio non ne vuole sentir parlare.