A Palmira si suona la libertà Ma la Siria è ancora in ginocchio

A Palmira sono tornati gli antichi fasti. O almeno queste erano le intenzioni dell’Orchestra Sinfonica del teatro Mariinsky di San Pietroburgo che si è esibita giovedì sera in concerto nell’anfiteatro. Lo stesso luogo in cui i miliziani dell’Isis fino a pochi mesi da tagliavano le gole e perpetravano disumane esecuzioni. Palmira è stata liberata lo scorso marzo, dopo che l’Isis l’aveva conquistata e controllata per quasi un anno. Secondo le prime stime, si è conservato l'80 percento della parte storica di Palmira, mentre sono andati distrutti l'Arco del Trionfo, i templi di Bel e Baal Shamin, le steli funerarie e alcune colonne della strada. Gli storici dell’arte ritengono che per ripristinare definitivamente quanto è stato distrutto o danneggiato ci vorranno almeno cinque anni.
Un concerto evocativo. Quello dell’orchestra di San Pietroburgo è stato dunque un concerto per celebrare la liberazione di Palmira, dopo che gli artificieri russi hanno ultimato le operazioni di sminamento: 825 ettari di terreno e 8.500 tra edifici e strutture sono stati bonificati da mine e ordigni vari. L'evento, intitolato Preghiera per Palmira. La musica dà vita alle antiche mura, è stato introdotto dal presidente Putin, che l'ha definito un «gesto umanitario» e ha voluto sottolineare l’importanza del momento in un videomessaggio nel quale ha parlato di «segnale di speranza per la rinascita di Palmira non solo come patrimonio dell'umanità ma anche come liberazione di tutta la civiltà da questo terribile flagello, il terrorismo internazionale».
Il direttore e gli ospiti. A dirigere l’orchestra il maestro russo Valery Gergiev, fedelissimo di Vladimir Putin e non nuovo a imprese di questo genere, dato che già nel 2008 tenne un concerto nella 'capitale' della Sud Ossezia Tskhinvali dopo la guerra fra Russia e Georgia. All’epoca Gergiev diresse la Settima di Shostakovich, composta nel 1941 mentre decine di divisioni tedesche tormentavano il popolo sovietico e la città del musicista, Leningrado, sottoposta a un assedio angosciante fino al febbraio del 1943. Giovedì sera, tra le rovine dell’anfiteatro, sono risuonate le musiche di Johann Sebastian Bach, Sergei Prokofiev e Rodion Ščedrin. Ad assistere al concerto, trasmesso dalla tv di Stato di Mosca, c’erano soldati russi e siriani, giornalisti stranieri, ministri del governo di Assad, rappresentanti dell'Unesco, di vari Paesi - tra i quali Francia, Serbia, Perù e Siria - e alcuni abitanti di Palmira. In tutto circa 400 persone hanno assistito alla performance, che oltre a celebrare la rinascita di Palmira ha esaltato la Russia e il suo esercito, perché a cacciare l’Isis dalla “perla del Deserto” è stata anche Mosca.
Com'è la (drammatica) situazione in Siria. Se a Palmira l’atmosfera che si respirava era quella di un tranquillo luogo in cui si fa musica, nel resto del Paese si continua a morire. Non lontano dalle rovine, infatti, i combattimenti fra esercito siriano e jihadisti continuano e ad Aleppo si sta consumando una tragedia senza precedenti. La zona ovest, dove vive la quasi totalità dei cristiani, che è controllata dall’esercito siriano viene costantemente bombardata dai ribelli. Le bombe su ospedali, chiese, moschee e case sono ormai all’ordine del giorno e non fanno altro che intensificarsi.
Ed è soprattutto nel nord del Paese che lo scontro si sta drammaticamente intensificando. I ribelli hanno conquistato un villaggio strategico a sud di Aleppo dopo una dura battaglia che ha causato almeno 73 morti. I miliziani del Fronte al Nusra (affiliato ad al-Qaeda) controllano Khan Touman, a fianco dell'autostrada tra Damasco e Aleppo.
La fragilissima tregua voluta da Stati uniti e Russia non riesce a reggere ed è stata violata da uno degli episodi più tragici mai avvenuti: un bombardamento su un campo profughi nei pressi di Idlib, vicino al confine turco, ha ucciso almeno 28 persone tra cui 7 bambini. Un fatto che secondo il segretario dell'Onu per gli Affari umanitari, Stephen O'Brien, potrebbe essere ascrivibile a un crimine di guerra. La responsabilità del crimine non è ancora stata accertata, si dice siano stati i russi o i governativi, ma questi ultimi negano ogni colpa.