L'omicidio di Entratico

Per capire se Bonomelli fosse morto i rapinatori hanno fatto ricerche in internet

Matteo Gherardi, che aveva già drogato altre persone: «La sera siamo tornati e respirava ancora»

Per capire se Bonomelli fosse morto i rapinatori hanno fatto ricerche in internet
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In carcere Matteo e il padre Luigi Gherardi, così come Jasmine Gervasoni, continuano a sostenere che avessero lasciato Angelo Bonomelli ancora vivo a bordo del suo Suv, oltre che di essere tornati lì la sera per sincerarsene, trovandolo comunque privo di conoscenza. Omar Poretti, invece, ha ammesso di aver versato lui le gocce di Rivotril, fornitogli da Matteo, nel té poi offerto all’imprenditore.

A riportare il fatto è oggi (martedì 15 novembre) il Corriere Bergamo: una versione che dovrebbe avvalorare l’idea che il gruppo non avesse intenzione di ucciderlo, bensì solo di drogarlo per poterlo poi derubare. Ciò nonostante, ci sarebbero alcuni indizi che farebbero pensare il contrario: innanzitutto, dopo essere rimasto per ore in quel parcheggio, ad ora tarda Bonomelli era ancora in stato di incoscienza, fatto che avrebbe dovuto far scattare un campanello d’allarme ai quattro sospettati.

Inoltre, la mattina seguente, martedì 8 novembre, poco prima delle 10 Matteo Gherardi fa una serie di ricerche sul web da cellulare, cercando notizie di Bergamo e provincia, oltre che su Bonomelli ed eventuali morti di Trescore Balneario (paese in cui risiedeva la vittima).

Tanti i dettagli che avevano fatto sospettare che, dietro la narcotizzazione e la morte, ci fosse molto di più di quanto sembrasse. Uno tra tutti lo strano messaggio inviato alla segretaria di Villa Ortensie dal telefono di Gherardi, che per l’orario e il modo in cui era stato scritto fa pensare che l’autore non fosse lui, ma qualcun altro. Un messaggio in cui, molto formalmente, venivano chiesti dei documenti e che aveva fatto insospettire segretaria e figlio di Bonomelli.

Tre membri del gruppo sarebbero poi tornati martedì al parcheggio, scoprendo così il decesso dell’imprenditore, prima del rinvenimento del corpo alle ore 13. Dal tenore delle conversazioni tra Matteo Gherardi e la Gervasoni, intercettate dagli investigatori, come affermato dal gip Beatrice Maria Parati, si evincerebbe che il gruppo fosse consapevole del suo stato, ma avessero deciso di non chiamare l’ambulanza e portare a termine il loro intento criminale. Tra l’altro, il cadavere sarebbe stato spostato dal sedile del passeggero a quello del guidatore, proprio per simulare un malore.

In ogni caso, sebbene secondo il gip «la rapina appare pianificata nel dettaglio da tutti i correi», Luigi Gherardi e Jasmine Gervasoni sostengono di non aver saputo niente del piano criminale fino a quando l’uomo d’affari non aveva iniziato a sentirsi male. Matteo, però, era già nei guai con la giustizia per una serie di rapine commesse, a partire da febbraio, sempre narcotizzando i suoi bersagli: uno di questi era sua zia, che in quell’occasione l’aveva ovviamente riconosciuto e denunciato.

Il racconto di padre e fidanzata, quindi, sarebbe poco credibile dato che sapevano dei suoi trascorsi e per un caso del 14 aprile scorso sarebbero anche loro coinvolti. A Luigi Gherardi è stata inoltre negata una misura cautelare meno severa, dato che intercettato avrebbe manifestato l’intenzione di sparire una volta uscito dal carcere.

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