Perché un grattacielo di New York ha ingressi divisi per poveri e ricchi
North 6th Street di Williamsburg, Brooklyn, sulle sponde dell’East River, a due passi da Manhattan. Chi non vorrebbe un appartamento in una zona del genere, in un contesto urbano e naturale allo stesso tempo? Ma soprattutto, quant’è bello che persone di ogni ceto sociale possano avere quest’opportunità? È quello che l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg pensò cinque anni fa, quando fece approvare un piano edilizio di affordable housing (abitazioni che ci si può permettere), in una città che stava diventando sempre più appannaggio dei ricchi. L’idea era di offrire ai costruttori la possibilità di occupare più metri quadrati di quanto consentito dalla legge, per alzare verso il cielo i loro condomini di lusso, ma in cambio avrebbero dovuto realizzare negli stessi edifici anche case popolari, offerte con una lotteria ai meno abbienti. All’epoca l’idea sembrò geniale, per creare una necessaria amalgama sociale fra ricchi e poveri. Ma oggi quell’entusiasmo si è tramutato in tensione.
The Edge e i suoi due ingressi. Situato presso le coordinate domiciliari già citate, sorge oggi a New York un enorme palazzo, chiamato The Edge, costruito proprio secondo la normativa introdotta da Bloomberg: uno splendido complesso residenziale nettamente diviso in due parti, una riservata a tutti coloro che sono disposti a spendere fino a 25 milioni di dollari per meravigliosi attici vista fiume, e un’altra dedicata a chi invece non supera i 50.000 dollari l’anno.
Ci sono addirittura due ingressi differenti, al civico 22 per i più facoltosi, e al civico 34 per i meno fortunati. Questi portoni aprono scenari molto diversi: perché se da una parte si possono trovare ogni genere di servizi (dalla palestra alle Spa fino alla piscina), dall’altra c’è giusto lo stretto indispensabile per vivere, anzi talvolta nemmeno quello (l’ingresso del 34 è sprovvisto di portineria, e quindi senza alcun tipo di controllo).
Tutta questa convivente disuguaglianza, anziché buoni risultati in termini di integrazione, ha portato allo scoppio di nuove tensioni sociali. Perché, se gli appartamenti più lussuosi sono acquistati pressoché tutti da bianchi americani, quelli popolari sono invece abitati per la maggior parte da neri e ispanici. Il caso The Edge è perfettamente in linea con un’America in cui stanno riemergendo vecchie dispute di matrice razziale che sembravano essere ormai solo parte del passato (gli accadimenti di Ferguson ne sono esempio lampante).
Le proteste degli inquilini meno abbienti. Gli inquilini meno abbienti infatti non intendono più accettare questa disparità di trattamento, intendendola come una vera e propria manovra discriminatoria. A detta loro, nel palazzo si respira un’aria di segregazione, in cui i più ricchi fanno di tutto per mantenere a distanza coloro che appartengono a ranghi sociali inferiori (l’esempio del doppio ingresso è il più significativo). Invece che sentirsi tutelati e favoriti da questo piano edilizio, in tanti avvertono questa situazione come un tentativo di marcare ancor più profondamente le diseguaglianze sociali della metropoli americana.
La palla passa al sindaco De Blasio. Tutto ciò avrà sicuramente una notevole incidenza sulle prossime decisioni dell’amministrazione: fino a poco tempo fa sembrava già tutto pronto per la costruzione di ben 80mila complessi residenziali di analogo carattere. Il sindaco Bill De Blasio, che nel 2009 da consigliere comunale votò a favore del nuovo piano di Bloomberg, si trova ora di fronte a un bivio: perseguire la politica urbana da lui stesso sostenuta negli ultimi cinque anni, prima come consigliere e poi come sindaco, oppure fare un deciso passo indietro, salvaguardando i buoni rapporti sinora costruiti con le fasce meno abbienti della città e confermando l’impronta liberal e popolare che fu così decisiva ai tempi della sua elezione in gennaio.