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Perchè il contagio è stato così violento a Bergamo? La ricerca dell'Università

Dall'analisi emerge una suddivisione in tre "Italie", in ognuna delle quali il coronavirus ha assunto proporzioni e manifestato una virulenza diversa

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Perché in Lombardia l’epidemia da coronavirus ha assunto proporzioni così devastanti e il contagio si è diffuso con una così grande virulenza? Sono le domande alle quali ha cercato di dare risposta un gruppo di ricercatori dell’Università degli studi di Bergamo, guidato dalla direttrice del Centro studi sul territorio Emanuela Casti.

La ricerca, utilizzando il mapping riflessivo, ha indagato la diffusione dell’infezione mettendo in rapporto aspetti sociali e ambientali del territorio, tra cui popolazione, mobilità, lavoro, inquinamento, sia su scala nazionale, sia regionale, sia, infine, rispetto alla Bergamasca.

Dopo una prima analisi dei risultati e la presentazione del rapporto sull’evoluzione del contagio in relazione ai territori, il gruppo di lavoro ha presentato il terzo rapporto della ricerca “Le tre Italie: fragilità dell’abitare mobile e urbanizzato”, che mette in evidenza le fasi di insorgenza, diffusione e decrescita dell’epidemia, le dinamiche spazio-temporali del contagio e individua gli aspetti critici che hanno inciso sull’intensità e la gravità.

«Dal rapporto emerge una suddivisione in "Tre Italie" - spiega la professoressa Emanuela Casti -. La prima è costituita dalle province lombarde di Bergamo, Milano, Brescia, in base ai numeri assoluti, e Lodi, Cremona, Piacenza in base all’indice di contagio calcolato su centomila abitanti. Entrambe appartengono alla dorsale sud-nord nella parte orientale della Regione, dove sono stati riconosciuti i primi focolai e dove l’intensità degli scambi e della mobilità degli abitanti hanno favorito la diffusione del virus. La seconda Italia è rappresentata da province di Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Liguria e alcune grandi città come Firenze e Roma. Infine, la terza Italia ricomprende il resto del territorio nazionale. Tale tripartizione si è mantenuta nel tempo, vale a dire che il contagio si è intensificato nelle prime aree colpite, ma non si è progressivamente diffuso sull’intera Penisola».

La forte differenza regionale dell’intensità e della distribuzione di persone positive al Covid ha consolidato l’ipotesi iniziale della ricerca, secondo la quale i fattori socio-territoriali possono aver inciso nella diffusione del virus così come le differenti condizioni morfologico-climatiche, la loro influenza sull’inquinamento e alcuni aspetti dell’abitare mobile e urbanizzato.

Questa terza analisi, infatti, interpreta e valuta anche le fragilità socio-territoriali del nostro modello di vita mobile e urbanizzato, che vanno non soltanto tenute da conto ma piuttosto prese in carico quale perno per ripensare un nuovo modo di abitare il territorio. Un modello che sia maggiormente protetto, equilibrato e ambientalista.

I risultati della ricerca sono consultabili open-source:

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