Tutto è partito da un paese del Vercellese

Perché una dopo l'altra in Italia si stanno fermando le giostre

Perché una dopo l'altra in Italia si stanno fermando le giostre
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Mercoledì 27 febbraio, 1095 giostre hanno smesso di girare in tutt’Italia. Ben settecento gestori sono finiti nel mirino del Comando dei Carabinieri di Vercelli, che hanno scoperto come in un piccolo comune della provincia piemontese, un solerte comandante dei Vigili Urbani avesse rilasciato licenze come pioggia, licenze che poi venivano usate in tutto il Paese. Secondo il sostituto procuratore Davide Pretti, Mauro Ferraris, questo il nome dell’attivissimo comandante in servizio al Comune di Borgo d’Ale, tra il 2016 e il 2018 avrebbe rilasciato oltre mille codici identificativi per giostre, senza che fossero eseguite le verifiche dell’apposita commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo a cui spetta il «controllo di regolare funzionamento nelle ordinarie condizioni di esercizio», come prevede la legge.

 

 

L’inchiesta sui Luna Park era scattata in seguito all’incidente di una tedicenne che nel novembre 2017 era caduta da una giostra a Legnano. La ragazza aveva avuto sessanta giorni di prognosi per un volo di nove metri, perché la sbarra di sicurezza della giostra sulla quale era salita si era improvvisamente aperta. Il codice riportato sull’attrazione era stato rilasciato dal Comune di Borgo d’Ale. Gli accertamenti avviati dall’Asl di Legnano dopo l’incidente hanno portato alla luce il sistema illecito, sul quale si era già accesa l’attenzione per via delle segnalazioni del sindaco del Comune vercellese, che aveva notato alcune anomalie nel rilascio delle certificazioni per le giostre da parte della polizia locale.

 

 

Il meccanismo funzionava così: Ferraris, a fronte di pagamenti che avvenivano con ricariche Postepay, avrebbe rilasciato oltre mille codici identificativi per giostre di tutta Italia, senza alcuna verifica sui requisiti in fatto di sicurezza. Era stato stabilito anche un vero e proprio tariffario. Si andava dai 150 euro per le giostre più piccole, come tirapugni e macchinette a gettone, fino ai 250-300 euro per le giostre più grandi come ruote panoramiche e piste di pattinaggio. Bastava pagare queste tariffe per ottenere il rilascio delle autorizzazioni al funzionamento delle attrazioni, evitando la procedura di verifica sul funzionamento e sulle norme di sicurezza. Dal momento che la registrazione delle giostre può avvenire ovunque, secondo gli inquirenti entravano in azione alcuni intermediari, in contatto con i proprietari delle attrazioni, che avrebbero facilitato il percorso indirizzando le richieste verso Borgo D’Ale. Ora anche molti di questi intermediari sono stai individuati.

 

 

Si trattava di un metodo che rendeva bene, tanto da venire esportato anche in un altro comune del Torinese, quello di La Cassa, dove il comandante dei vigili urbani risulta indagato, e nel comune di Montesilvano, in Abruzzo, dove per ora non ci sono indagati. Per ora sono state fermate 1095 attrazioni. Ma ce ne sono ben cinquemila nel mirino dell’autorità giudiziaria, perché tutte sospettate di essere frutto del "metodo Borgo d’Ale".

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