A fine mese si deciderà il da farsi

Perché un minuto di 61 secondi

Perché un minuto di 61 secondi
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Nella notte dello scorso 30 giugno, i dodici rintocchi della mezzanotte si sono fatti attendere un secondo in più del solito. Stando a quanto segnalato dagli orologi a stelle e strisce del National Institute of Standards and Technology, l’agenzia del governo americano che si occupa di tecnologie, il 59esimo minuto delle 23 di quel giorno è durato 61 secondi. Questo stravagante e anomalo secondo in sovrannumero rispetto ai canonici 60 cui siamo abituati, prende il nome di "secondo intercalare" (in inglese leap second). Nella storia del tempo, di secondi intercalari se ne contano appena ventisei e tutti a partire dal 1972, l’anno della sua introduzione da parte dell’International Earth Rotation and Reference Systems Service, istituto parigino che si occupa di descrivere la rotazione terrestre e di realizzare vari sistemi internazionali di riferimento.

 

secondo-intercalare

 

Ma perché inserire ogni tanto qualche secondo supplementare? Perché di sistemi di misurazione del tempo ne esistono due, che non sempre si trovano d’accordo. Uno, che determina l’orario planetario, utilizza la completa rotazione della terra per scandire il passaggio da un giorno all’altro. Capita, però, che il tempo che la terra impiega per girare su se stessa non sia sempre uguale. Questo perché le sue viscere incandescenti ne causano fluttuazioni casuali che, insieme all’azione frenante della Luna, alterano il regolare giro del nostro pianeta sul suo asse. A questo sistema se ne affianca allora un altro, più recente, regolare e nient’affatto naturale e che è alla base dell’orario ufficiale, il Coordinated Universal Time (UTC). Questo metodo utilizza orologi atomici, cioè strumenti dove la base del tempo è determinata dalla frequenza di risonanza di un atomo. Secondo l’orologio atomico la somma di secondi in un giorno intero è sempre uguale a sé stessa e pari a 86.400 secondi. Quando la differenza nella misurazione del tempo tra l’uno e l’altro metodo diventa troppa, ecco intervenire il secondo intercalare, un aggiustamento artificiale che consente di trovare una nuova sincronia. I secondi intercalari sono, quindi, introdotti all’occorrenza, sempre e solo dove sia necessario un riallineamento. Eppure il fatto che il secondo intercalare sfugga a qualsiasi possibilità di pianificazione può creare dei problemi.

 

 

Il destino del secondo intercalare è in pericolo. Ad informarcene è un articolo del The Economist. Pare che contro di lui sia sorto un fronte di opposizione di cui fanno parte coloro che insistono sulle difficoltà di sincronizzazione tra secondo intercalare e alcuni sistemi computerizzati: nel 2012, moderne tecnologie digitalizzate, come quella di prenotazione delle compagnie aeree, quella delle banche o quella alla base di alcuni social network, hanno avuto serie difficoltà a gestirlo. Altri si preoccupano della divergenza che interverrebbe tra i due sistemi di misurazione del tempo se il secondo intercalare venisse abolito, pari a circa un’ora ogni mille anni. Apparentemente poco significativa, questa differenza pregiudicherebbe il corretto funzionamento di aeroporti, mercati azionari e missioni spaziali, per cui sono fondamentali anche frazioni di tempo infinitesimali. A fine mese sarà la conferenza dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni di Ginevra a decidere sul da farsi. Gli esponenti dell’una e dell’altra fazione sono ai ferri corti: Australia, Stati Uniti e Cina vorrebbero rimuoverlo, mentre Regno Unito, Russia e molti paesi ex comunisti vogliono conservarlo. Non ci resta che aspettare per conoscere quale sarà la sua sorte.

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