Val Seriana

Picchiava la fidanzata e la sorvegliava con un sistema di telecamere, 29enne in carcere

Un incubo fatto di schiaffi, calci, sputi e reclusione. Indagine della Squadra Mobile della Questura di Bergamo.

Picchiava la fidanzata e la sorvegliava con un sistema di telecamere, 29enne in carcere
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Maltrattamenti, violenze e umiliazioni alla compagna convivente, poco più che ventenne. Queste le accuse che hanno portato in carcere un 29enne della Val Seriana. Nel pomeriggio di sabato 25 settembre la Squadra Mobile della Questura di Bergamo hanno eseguito la misura di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Bergamo Massimiliano Magliacani. L’attività di indagine, coordinata dal pubblico ministero Laura Cocucci, è scaturita da una prima segnalazione giunta alla Squadra Mobile da un centro antiviolenza alla quale si era rivolta la madre della giovane vittima, preoccupata che la figlia potesse essere vittima di gravi maltrattamenti da parte del fidanzato. La ragazza non aveva mai avuto il coraggio di denunciare la situazione ma è stata efficacemente assistita dall’associazione “Fior di Loto”, che si occupa di donne vittime di maltrattamenti. L’associazione, poi, ha messo in contatto la donna con personale della Mobile.

Dalle indagini della Polizia di Stato, anche attraverso strumentazioni tecnologiche, sono emerse le vessazioni del partner che, secondo la ricostruzione degli investigatori, non sarebbe nuovo a questo tipo di comportamenti verso le donne. È emerso uno stillicidio di quotidiani e ripetuti episodi maltrattanti posti in essere dall’uomo all’interno delle mura domestiche (strattonamenti, schiaffi, calci, tirate di capelli, sputi) che avvenivano nei confronti della giovane compagna con una frequenza anche di decine di volte al giorno. In molte occasioni la donna era anche stata costretta a subire atti sessuali non voluti ed umilianti.

Inoltre l’uomo, accecato dalla gelosia, avrebbe anche impedito alla ragazza di avere contatti con il mondo esterno. A tale fine, secondo la ricostruzione degli investigatori, aveva collocato nell’appartamento alcune telecamere attraverso le quali, se si trovava al lavoro, controllava i movimenti della ragazza, esigeva che la donna parlasse in viva voce se era al telefono con altre persone ed era arrivato a controllarne i movimenti, anche all’interno dell’abitazione, pretendendo che la ragazza gli chiedesse il permesso prima di spostarsi da una stanza all’altra.

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