Il pomo della discordia su Orio che divide Gori e gli altri sindaci

Lo sviluppo economico dell’aeroporto e il suo rovescio della medaglia, l’inquinamento acustico: su questo problema il Tavolo dei Sindaci sembra essersi spaccato. Il comitato che riunisce i primi cittadini di 17 comuni dell’hinterland bergamasco, creato per affrontare la questione dell’impatto ambientale dell’aeroporto di Orio al Serio, si divide su quello che per alcuni è solo «un punto di carattere tecnico» - come commenta l’assessore all’Ambiente del capoluogo Leyla Ciagà – ma per altri (come Alessandro Colletta, sindaco di Orio) manifesta la volontà da parte dei vertici di Palazzo Frizzoni di ragionare «da manager piuttosto che da amministratori pubblici». La questione? Il numero dei voli.
Il pomo della discordia, infatti, è se riorganizzare la gestione dell’aeroporto (aumentando di fatto il numero dei voli) o limitare i decolli e gli atterraggi consentiti per tutelare la popolazione che vive nelle aree limitrofe. Una questione non da poco, su cui si basa lo sviluppo futuro dello scalo orobico e di tutto l’indotto derivante. E mentre secondo i sindaci dell’hinterland «non si può dimenticare che la salute dei nostri cittadini viene prima dello sviluppo economico dell’Aeroporto», per il primo cittadino di Bergamo Giorgio Gori «una soluzione di “sviluppo sostenibile” è possibile».
La questione è complessa, perché tira in ballo i principali enti azionisti di SACBO (la società di gestione dell’aeroporto), le forze politiche e le aziende che hanno sottoscritto accordi con SACBO per l’utilizzo del “Caravaggio”. E, da ultimo, anche i sindacati. Ma andiamo con ordine.
La lettera dei sindaci. La polemica nasce il 23 gennaio, quando il Tavolo dei Sindaci indirizza una lettera alla Provincia di Bergamo, detentrice di quote di SACBO. La lettera è rivolta al presidente della Provincia Matteo Rossi e al membro del Consiglio d’Amministrazione nominato dalla provincia stessa, Enrico Piccinelli. Le richieste? I sindaci auspicano che l’ente (in difficoltà economiche) non ceda le proprie quote ad altri soggetti, perché ciò «rischierebbe di cambiare gli equilibri azionari» spostando il controllo della società lontano da Bergamo. Inoltre chiedono che venga portata a termine l’”operazione Montichiari”, che prevede lo spostamento dei voli cargo – notturni – sullo scalo bresciano, in modo da alleviare l’impatto ambientale dell’inquinamento acustico sui cittadini della zona. Fin qui tutti d’accordo. L’operazione Montichiari, infatti, fa parte sin dall’inizio del “pacchetto” delle richieste dei sindaci ai vari enti coinvolti, ed è inquadrata in un’ottica di accordi commerciali che coinvolge anche la società veneziana SAVE (che controlla di fatto, attraverso le partecipazioni nella società Catullo, lo scalo veronese e quello bresciano). Ma i sindaci aggiungono alla lettera un’ulteriore richiesta, ed è qui che nascono i problemi. Manifestano infatti l’auspicio che «i voli notturni non vengano sostituiti con maggiori voli, nel rispetto del limite massimo definito dal Piano di Sviluppo Aeroportuale e autorizzato dal Decreto Via». Che significa?
Il "VIA". Il decreto VIA, o Valutazione d’Impatto Ambientale, è un documento del 2003 del Ministero dell’Ambiente con il quale viene approvato il Piano di Sviluppo Aeroportuale presentato all’epoca da SACBO. In tale documento viene previsto un numero massimo annuo di voli pari a 68.570. Tale limite viene superato già nel 2011, e nel 2012, sulla scia delle polemiche per l’influenza del rumore e dell’inquinamento sulla qualità della vita nella zona, il Comune di Bergamo scrive al ministero per chiedere quale ente è preposto al controllo di tale limite e, di fatto, come comportarsi. La risposta del Ministero? Il VIA non contiene nessuna prescrizione sul limite annuo di voli. Il limite specificato nel Piano di Sviluppo non è da ritenersi vincolante. Anzi, aggiunge, se le condizioni indicate nel piano sono cambiate dev’essere il soggetto proponente ad «evidenziare e valutare se tali differenze (es. numero di voli/anno) possano comportare variazioni significative sugli impatti ambientali». La risposta lascia dunque via libera a SACBO.
Bergamo non firma. Ecco allora che il Comune di Bergamo, rappresentato dal sindaco Giorgio Gori, decide di non sottoscrivere la lettera dei sindaci. La richiesta di non aumentare il numero dei voli non è condivisa dall’amministrazione del capoluogo, detentrice di quote della società di gestione del “Caravaggio”. C’è un precedente: a settembre Gori non aveva sottoscritto una richiesta firmata da 14 sindaci del Tavolo con cui chiedeva di ripristinare i lavori di insonorizzazione delle abitazioni della zona dell’aeroporto, sospesi in attesa delle sentenze del TAR di Brescia sui provvedimenti di “zonizzazione acustica” dell’area. In tutte le altre occasioni il fronte dei sindaci era stato compatto.
Le richieste dei primi cittadini agli enti e alle società coinvolte erano state formulate all’unanimità, e lo stesso Gori se ne era fatto portavoce in più occasioni. Ad esempio la proposta di partenza obbligatoria dal punto Alfa (il punto più lontano della pista, più costoso per le compagnie ma meno rumoroso), la ripartizione dei decolli sulle due piste (quindi non solo verso Bergamo, ma spostandone un quarto nella direzione opposta), l’utilizzo della rotta preferenziale lungo l’autostrada. O anche l’aumento dall’8,8 al 13% del rateo di salita (cioè della percentuale di inclinazione nella quale l’aereo si alza durante il decollo, in modo da limitare la durata del rumore); il divieto di decollo dal punto Bravo (quello più breve e rumoroso); il concentrare i voli più rumorosi di giorno e non la sera o la mattina. E infine «l’espansione dell’aeroporto per linee esterne», ovvero lo spostamento dei voli cargo, notturni, sull’aeroporto di Montichiari. Ma il divieto di aumento del numero di voli annui no: controproducente, secondo l’amministrazione del Comune di Bergamo, congelare lo sviluppo di una delle realtà aziendali più importanti della provincia. Anche perché, nel frattempo, altri attori entrano in scena.
Il Fattore Ryanair. La società irlandese è il vettore per cui passa oltre l’80% del traffico aereo dello scalo orobico. Un elemento estremamente rilevante nella crescita registrata dall’aeroporto negli ultimi anni, che ha portato a 9 milioni i passeggeri in transito attraverso lo scalo e che ha costituito una pedina fondamentale sullo scacchiere della “guerra dei cieli” di cui Bergamopost ha già parlato qui. Non si può negare che la fortuna di Orio al Serio derivi in gran parte da Ryanair, che ha deciso di farne uno dei suoi principali scali a livello europeo. Così la società guidata da Michael O’Leary entra in gioco anche questa volta. Il 27 gennaio (quattro giorni dopo la lettera) sottoscrive con SACBO un accordo di cinque anni che prevede un aumento del numero di passeggeri stimato a 9 milioni annui, e un rafforzamento della presenza della società low cost nell’aeroporto. L’accordo non dice esplicitamente che il numero di voli aumenterà. Anzi, secondo le parti coinvolte entro il 2018 verrà sostituita gran parte della flotta, con l’introduzione di aeromobili più capienti (dunque in grado di trasportare più passeggeri con meno voli) e più silenziosi.
La Lega rincara la dose. Il giorno dopo (28 gennaio) alcuni esponenti della Lega scrivono una lettera al presidente della Provincia Rossi, chiedendogli di prendere posizione apertamente in merito alle richieste del Tavolo dei Sindaci della settimana prima, scagliandosi in particolare contro la scelta di Gori. Il sindaco di Bergamo viene accusato da più parti di fare gli interessi economici del Comune – azionista di SACBO – e non di tutelare la salute dei cittadini.
La risposta di Gori. Ed ecco che Gori interviene, indirizzando una lettera aperta ai colleghi dei Comuni limitrofi per chiarire la sua posizione. Innanzitutto, spiega, «pensare che la salute dei cittadini possa essere barattata con qualche centinaio di migliaia di euro di dividendi è offensivo. Nel nostro ruolo di amministratori rivendichiamo invece il diritto di promuovere il lavoro e lo sviluppo del territorio, ricercando tutte le soluzioni per rendere compatibili la tutela dei cittadini residenti nell’intorno aeroportuale e la crescita di un’industria decisiva come lo scalo di Orio». E, soffermandosi sul punto cruciale della vicenda (quello dei limite al numero dei voli) aggiunge: «concordavamo su tutto, non sull’idea che l’aeroporto debba bloccarsi di fronte ad un “tetto” tanto infondato (a più riprese i ministeri interpellati hanno chiarito che il numero di movimenti indicato nel decreto VIA non può essere letto come un limite) quanto inattuale (sappiamo tutti che l’aeroporto ha già ampiamente varcato quella soglia)». Invita a cercare un compromesso che tuteli la salute dei cittadini e allo stesso tempo non arresti lo sviluppo dell’aeroporto. Lo spostamento dei voli notturni su Montichiari, si legge nella lettera, consentirebbe una riorganizzazione dei voli dello scalo, diminuendo l’impatto ambientale e favorendo l’applicazione delle soluzioni già proposte da tutti i sindaci nei mesi scorsi.
La presa di posizione della Cgil. Il 29 gennaio anche il sindacato si schiera a fianco di Gori. Luigi Bresciani, segretario provinciale della CGIL, dichiara: «Porre in questo momento il tema di un tetto all’attività di Sacbo non ha nessun senso né dal punto di vista politico tantomeno dal punto di vista industriale», e auspica lo spostamento dei voli courier e cargo su Montichiari in modo da poter gestire i voli di Orio con più flessibilità.
La replica dei sindaci. Il 30 gennaio arriva la risposta dei primi cittadini dei Comuni dell’hinterland, secondo i quali «la salute dei cittadini viene prima dello sviluppo economico dell’Aeroporto». Si difendono dalle accuse di aver strumentalizzato la polemica, sostenendo di essere i primi ad augurarsi che gli accordi commerciali con SAVE vadano a buon fine e rallegrandosi per la partnership con Ryanair, ma dicono di non poter «chiudere gli occhi davanti alle problematiche che l’Aeroporto genera». La controrisposta di Gori, però, non si fa attendere. Secondo quest’ultimo, infatti, «non basta essere favorevoli all'investimento su Montichiari, o sostenere che il controllo dell'aeroporto debba restare in mani bergamasche. Non basta prendere posizione per uno "sviluppo sostenibile” dello scalo di Orio al Serio. Su questo siamo tutti d'accordo». Il punto centrale della vicenda è un altro, secondo lui ben chiaro: «Invocare il limite dei 68.570 movimenti anno significa pretendere che l'aeroporto torni indietro, a prescindere dalla qualità e dall'effettivo impatto ambientale di questi movimenti. È una posizione che contraddice le dichiarazioni di intenti e che il Comune di Bergamo non condivide». Una spaccatura che, per il momento, appare insanabile.