Sarà pronta a fine 2016

Crimea, ecco la chiesa sott'acqua (Sostenuta dai motociclisti di Putin)

Crimea, ecco la chiesa sott'acqua  (Sostenuta dai motociclisti di Putin)
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Che cosa ci fanno insieme un appassionato di immersioni subacquee e un club di motociclisti che si sono battezzati “Night Wolves”? Una chiesa subacquea ortodossa. Purtroppo non si tratta di un nonsense sullo stile di quelli che scriveva il poeta inglese Edward Lear, ma è quello che sta accadendo in questi giorni in Crimea. Il progetto di costruzione è serissimo ed è già è stato fissato il primo elemento della futura chiesa. A duecento metri da Capo Fiolent e a venti metri di profondità sotto il livello del mare, è stata posta una croce stilizzata che richiama la forma di un’ancora. L’edificio sacro sarà in tutto e per tutto uguale a quelli che sorgono sulla terraferma e avrà le sue decorazioni, probabilmente bassorilievi in pietra e acciaio. L’altare e il candelabro verranno aggiunti solo alla fine, verso il termine dell’estate 2016, quando le correnti sotterranee diventano meno forti e dunque meno pericolose per la stabilità della chiesa e dei suoi interni.

 

 

Sarà dedicata a San Nicola. Il progetto della chiesa va attribuito a all'archimandrita Tikhon Shevkunov (l’appassionato di immersioni) ed è economicamente sostenuto dai Night Wolves, i motociclisti amici del presidente Vladimiri Putin (proprio così: pare che Putin abbia stretto un sodalizio con gli amanti delle due ruote). Una volta conclusa la sua edificazione, la chiesa sarà consacrata a San Nicola, protettore dei marinai e santo particolarmente caro al popolo slavo. La posizione della struttura sarà quindi segnalata da una boa e sarà affiancata da una sorta di museo a cielo aperto contenente navi da guerra e munizioni impiegate in difesa della Crimea, a metà dell’Ottocento e poi nel Novecento.

 

 

I problemi della Crimea. La costruzione di un luogo sacro subacqueo vorrebbe rispondere all’esigenza di rilanciare l’economia interna della penisola del Mar Nero attraverso il turismo. Da quando la Crimea è stata annessa dalla Federazione russa, nel marzo 2015, sembra infatti che la situazione interna non sia per niente migliorata. Benché i russi abbiano garantito alla popolazione locale che il loro tenore di vita sarebbe cambiato, rispetto ai tempi in cui a governare era l’Ucraina, ancora non si sono rilevati segnali positivi. Anzi. Un articolo del Washington Post pubblicato otto mesi dopo il “cambio di guardia” ha spiegato come anche chi sosteneva l’intervento russo si senta ora piuttosto deluso.

 

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Una terra che cambia nazione. La decisione di costruire una chiesa sott’acqua è solo uno dei tanti interventi russi volti ad affermare la recente supremazia di Mosca. Le tracce lasciate dai sessant’anni trascorsi sotto il controllo di Kiev stanno lentamente scomparendo, rimosse dalla volontà accentratrice del governo russo. A cominciare dagli aspetti culturali: la lingua ucraina è stata tolta dai programmi scolastici, il simbolo presidenziale della Russia, l’aquila a due teste, è ora esposto negli edifici governativi e le leggi russe stanno soppiantando quelle precedenti. I cittadini di origine ucraina e le altre minoranze presenti nella regione hanno notato un impoverimento del cosmopolitismo che, fino a poco tempo fa, aveva contraddistinto la Crimea. Le reti cellulari ucraine non funzionano più, le attività commerciali devono sottostare alle nuove norme russe e le autorità crimeane instaurate da Mosca hanno chiuso le filiali di diverse banche ucraine. I risparmi e i conti di molte persone sono rimasti “congelati”. Persino l’agricoltura ha risentito molto della condizione politica, dal momento che l l’Ucraina ha tagliato il rifornimento di acqua che inviava alla Crimea.

E la Chiesa ortodossa? L’unico luogo che ancora oppone resistenza alla “russificazione” è la chiesa ortodossa ucraina: non a caso è proprio una chiesa l’edificio che gli intraprendenti progettisti e finanziatori russi stanno costruendo sotto il mare. I luoghi sacri sono forse uno degli ultimi posti in cui gli ucraini di Crimea possono continuare a seguire le loro tradizioni e a sentirsi protetti da un’autorità che sentono amica. Il capo della Chiesa locale, l’arcivescovo Kliment, è tuttavia molto preoccupato: «Stanno chiudendo le scuole ucraine, i giornali ucraini. La chiesa ucraina è l’unica cosa che è rimasta». Un sondaggio effettuato quando la Crimea faceva ancora parte dell’Ucraina, inoltre, ha mostrato che circa il 12 percento dei crimeani residenti si definiva ucraino ortodosso, ma dopo la conquista russa la pressioni ricevute hanno fatto chiudere un terzo delle congregazioni e molti dei preti ucraini ortodossi sono fuggiti.

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