pena salata

Prof a Treviglio, ma pure consulente e imprenditrice: 66enne deve risarcire allo Stato 39 mila euro

La donna lavorava senza le autorizzazioni e svolgendo incarichi incompatibili con il suo ruolo pubblico. Condannata

Prof a Treviglio, ma pure consulente e imprenditrice: 66enne deve risarcire allo Stato 39 mila euro

Fare due lavori può sembrare una buona idea. Farne tre, forse, ancora meglio. Ma se uno di questi è l’insegnante nella scuola pubblica e gli altri non sono sempre autorizzati, il rischio è che prima o poi il conto arrivi.

È proprio quello che è successo a Treviglio, dove un’ex professoressa dell’Itc Oberdan dovrà risarcire allo Stato 39 mila euro per attività extra svolte in modo irregolare.

Cosa è successo

La vicenda – riportata oggi (mercoledì 31 dicembre) da L’Eco di Bergamo –  riguarda una docente, oggi 66enne, che tra il 2010 e il 2020 insegnava all’Itc Oberdan con un contratto a tempo indeterminato e part-time superiore al 50 per cento.

Fin qui tutto regolare. Il problema è che, nello stesso periodo, la prof svolgeva anche altre attività: era consulente fiscale, iscritta all’albo dei revisori legali, titolare di uno studio di consulenza e amministratrice unica di due società. Una si occupava di consulenza contabile e fiscale, l’altra di edilizia. Tutto insieme.

Niente autorizzazioni

Va detto: per diversi anni l’insegnante aveva chiesto e ottenuto dal ministero le autorizzazioni per svolgere attività extra-scolastiche. Ma non sempre. Per quattro anni scolastici, infatti, non avrebbe presentato alcuna richiesta, pur continuando a lavorare fuori dalla scuola.

Ed è proprio lì che nasce il problema. Perché per chi lavora nella pubblica amministrazione, certi incarichi non sono solo una questione di tempo, ma anche –  e soprattutto – di compatibilità.

Arriva la Finanza 

A far partire tutto è stata un’indagine della Guardia di finanza di Treviglio, che ha acceso i riflettori sulla doppia (anzi tripla) vita professionale della docente.

Sul piano penale, la vicenda si è poi chiusa con un non luogo a procedere, dopo che le accuse iniziali di truffa aggravata erano state riqualificate. Ma questo non ha cancellato il problema dal punto di vista dei conti pubblici. Per la Corte dei Conti, infatti, il danno allo Stato restava.

Deve risarcire lo Stato 

La Procura contabile lombarda aveva chiesto un risarcimento alto: circa 116 mila euro, tra compensi non riversati e incarichi incompatibili.

L’ex docente ha però scelto la strada del rito abbreviato, che consente una definizione più rapida della causa. Risultato: un bonifico da 38.700 euro (arrotondati a 39 mila), pari a circa un terzo della cifra inizialmente contestata. Una chiusura “scontata”, ma comunque salata.

Cosa ha sbagliato 

Insomma, lavorare extra si può, anche nella scuola pubblica. Ma le regole vanno seguite alla lettera.  In parole semplici, la contestazione non riguarda il fatto che l’insegnante avesse un secondo lavoro, ma il tipo di incarichi svolti, oltre al fatto che per un periodo questi impegni sono stati svolti senza le necessarie autorizzazioni.

Per alcuni anni, infatti, la 66enne non si è limitata ad attività occasionali, ma ha ricoperto veri e propri ruoli imprenditoriali, come quello di amministratrice di società, considerati incompatibili con l’impiego in un ambiente pubblico come quello della scuola.