Il piano segreto Usa (fallito) per portare Cuba alla rivoluzione
Nuovo capitolo dell’infinita e travagliata storia dei rapporti fra Stati Uniti e Cuba: dopo un ultimo anno all’insegna di una possibile distensione fra i due governi, è circolata in questi giorni una notizia che sicuramente non gioverà al governo americano nei tentativi di riallacciare una quantomeno distesa diplomazia con L’Avana. L’Associated Press ha divulgato nelle ultime ore i dettagli di un progetto di destabilizzazione del governo cubano che gli Usa misero in pratica senza successo nel 2009.
Di che si tratta. Cinque anni fa l’Usaid (Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale) varò un programma di reclutamento di giovani latinos che avrebbero poi avuto il compito di inserirsi nella società cubana con il preciso intento di fomentare il malcontento popolare e dare inizio ad un rovesciamento della dittatura cubana, che vige continuativamente dalla rivoluzione castrista del 1959. Stipendiati e sovvenzionati direttamente dal governo americano, questi ragazzi sbarcarono a Cuba come semplici turisti, e cominciarono un’opera di strutturazione di cellule antigovernative reperendo attivisti direttamente sul territorio. Gli strumenti utilizzati erano i più vari: comizi politici, volantinaggio per strada, addirittura convegni sulla prevenzione dell’Aids. L’operato di questi latinoamericani destò l’attenzione degli agenti di sicurezza cubani, i quali organizzarono un’operazione atta a scoprire la vera identità di questi strani turisti. Non ci volle molto affinché emergesse quanto realmente stesse accadendo; naturalmente, tutti quanti gli infiltrati vennero immediatamente espulsi dal Paese e nuova benzina sul fuoco della tensione diplomatica fra Usa e Cuba venne copiosamente rovesciata.
Il progetto ZunZuneo. Nel 2009 venne realizzato dagli Usa un secondo progetto per tentare di destabilizzare il governo cubano: si trattava di ZunZuneo, un social network analogo a Twitter che doveva servire al duplice scopo di raccogliere informazioni sugli utenti e organizzare in un secondo tempo attività politiche antigovernative. Lo scarso successo dell’iniziativa e il taglio progressivo dei fondi portarono poi ad abortire il progetto nel 2012. Ma l'episodio non ha fatto che alimentare le tensioni.
Una crisi infinita. Lo scontro diplomatico fra Stati Uniti e Cuba ha una portata ormai pluridecennale e, visti questi ultimi sviluppi, non sembra possa trovare requie in un futuro immediato. In primo luogo, è tuttora in vigore l’embargo che gli Usa stabilirono nei confronti dell’isola nel 1962 in seguito all’instaurazione della dittatura comunista di Fidel Castro: una manovra commerciale che ha causato a Cuba perdite per oltre 100 miliardi di dollari; un’enormità se si considera che i cubani sono all’incirca 11 milioni e con un elevato tasso di povertà.
In secondo luogo, la questione Guantanamo: la base militare, nonché prigione di guerra americana, sita proprio a Cuba è motivo di forti tensioni fra i due governi: Obama nel 2008 promise di farla chiudere, ma indicazioni in tal senso ancora non ce ne sono state.
Infine, i rinnovati rapporti fra L’Avana e Mosca: storicamente, l’economia cubana ha sempre avuto un forte legame con quella sovietica, tanto che con il crollo dell’Urss il Pil dell’isola è calato di circa il 34 per cento. Dopo un apparente allontanamento, negli ultimi mesi i due Paesi si sono decisamente riavvicinati: a luglio Vladimir Putin si è recato a L’Avana in visita ufficiale e ha colto l’occasione per cancellare il 90 percento dei debiti di Cuba contratti con la Russia (35,2 miliardi di dollari). Nello scenario di nuova Guerra Fredda delineatosi dopo i recenti fatti in Ucraina, tutto lascia pensare che questa nuova intesa tra i vecchi alleati possa provocare ulteriori frizioni nei rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti.