Le due Italie sulla scena

Enclave rosse in un mare verde Nelle città sventola la bandiera Pd

Enclave rosse in un mare verde Nelle città sventola la bandiera Pd
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Ha vinto Salvini, ha vinto la “sua” Italia, che però non è l’unica Italia oggi sulla scena. Le elezioni europee del 26 maggio sanciscono quello che sembra un trend destinato a segnare la storia politica dei prossimi anni, dove si confronteranno un Paese profondo che ha trovato il suo leader dopo il lungo travaglio di uscita dal berlusconismo, e un altro Paese nato per essere trainante, ma che si trova invece a gestire delle enclave moderne, secolarizzate e felici.

La mappa del voto ci consegna un Paese che per due terzi è colorato di verde, ma se guardassimo con una lente scopriremmo che nel cuore di quelle grandi aree ci sono alcuni punti rossi: sono i centri urbani, dove il Pd ha dimostrato di essere ancora leader. È ovviamente un Pd moderato, dinamico e quasi liberista, che nulla ha a che vedere con il vecchio partito moloch della sinistra. Lo si è visto con il voto di Bergamo, dove la vittoria è stata secca e al primo turno; ma attorno al capoluogo i numeri si rovesciano ed è ovunque una cavalcata della Lega.

 

 

In Piemonte, Cirio, candidato del Centrodestra scelto da Salvini strapazza il leader uscente, un politico dalla lunga storia come Sergio Chiamparino. Ma il voto di Torino città vede comunque il Pd in testa. Stessa cosa vale per Milano, la città laboratorio, dove la Lega è uscita sconfitta in nove zone su nove, mentre ha dominato in quasi tutta la provincia. È una dinamica grazie alla quale il Pd, che a livello nazionale si ritrova dodici punti in percentuale sotto Salvini, riesce a portare a casa, in scioltezza grandi comuni come Firenze, Bari, Lecce. E se l’Emilia, che andrà al voto tra qualche mese per il rinnovo del consiglio regionale, trema per l’ascesa impetuosa della Lega, a Bologna il Pd doppia i voti di Salvini: 40 per cento contro 20.

Insomma, c’è un’Italia di provincia, un’Italia profonda, che avendo grandi numeri, in questo momento sta tracciando il destino del Paese. Ma è un’Italia che ha poca voce, perché sta ai margini del grande chiacchiericcio nazionale e perché viene guardata con un certo snobismo da chi ha gli strumenti intellettuali per indagare e raccontare. Spesso la si demonizza preventivamente, probabilmente per esorcizzarla. È un’Italia che quando Salvini bacia il crocifisso finisce con il recepire un segnale profondo che la riguarda, non perché vi veda un segno confessionale, ma semmai identitario. Percepisce di aver trovato un leader politico che non ha intenzione di smantellare la casa per lasciar spazio ai devasti della globalizzazione. Un leader che non ha timore nel tirar su qualche muro, anche se tutti i benpensanti gli danno addosso.

 

 

D’altra parte bisognerebbe che i benpensanti spiegassero a se stessi come può accadere che nel Paese modello dell’accoglienza, Riace, il sindaco uscente, beatificato dalla stampa e dai media nazionali, non solo perda, ma non riesca neanche a prendere i voti per entrare in consiglio comunale. E ci si deve spiegare come può essere che l’eroico medico di Lampedusa, Pietro Bartolo, prenda 275 mila preferenze nel suo collegio, ma intanto la Lega prenda più del 40 per cento di voti in quell’isola che sta a Sud che più a Sud non si può...

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