Qual è il segreto della Viareggio Cup Dove l'Atalanta sogna il colpaccio
Certe cose non cambiano mai. E per fortuna che c'è ancora chi va col paltò al campetto, si siede in tribuna e guarda giù alla ricerca del talento più fino. Nell'era di WyScout, dove basta un click e hai tutto il calcio a portata, il Viareggio è sempre lui, bello, vero, con il foglio delle formazioni fotocopiate in bianco e nero o corrette a mano. Certo, ha detto Ciro Marchese, esperto di marketing e comunicazione da quest'anno al servizio della Coppa Carnevale, «bisogna rendere moderna una manifestazione che ha tradizione e prestigio». Ma il bello del Viareggio - anzi, Viareggio Cup - è che si gioca, e poche balle. Sono 68 anni che il calcio giovanile trova luce a due passi dal mare. Diciamo così, ma non è più così vero. Adesso le partite le giocano un po' qui e un po' lì, a Lido di Camaiore, Quarrata, dove c'è posto, perché si è talmente allargato che non si può mica giocare tutti su un campo appena. Più vecchio della Libertadores, anche più della Coppa dei Campioni, il Viareggio c'è sempre stato. Nato nel '48 con l'idea di dimenticare gli orrori della guerra, il torneo ci ha accompagnato fino a oggi con la pretesa di essere la vetrina per i calciatori di domani. Passò dall'essere un tornei dei bar (o poco più) a un palcoscenico nazionale d'avanguardia, per poi diventare quello che è oggi: l'attimo di riscatto per tutti i settori giovanili che contano (e non).
Qualche nome... I nomi che hanno fatto storia si trovano sempre. Giocò il Partizan Belgrado di Bora Milutinovic, l'allenatore che ha partecipato a cinque mondiali consecutivi con cinque nazionali diverse, o quel Uwe Seeler che giocò la mitica semifinale Italia-Germania 4-3 a Messico '70. Al Viareggio partecipò Azeglio Vicini, allenatore della Nazionale a Italia '90, e poi Trapattoni, Albertosi, Fascetti. Negli anni Sessanta il Viareggio divenne famoso in tutto il mondo, erano gli anni del boom non solo economico. Nell'Inter giocavano Facchetti, Mazzola, Corso e Boninsegna, e poi Zoff, Tancredi e Bettega. Per ogni decennio la lista dei partecipanti è lunga così. Al Viareggio parteciparono i fratelli Baresi, uno col Milan e l'altro con l'Inter, e poi la Fiorentina del già mitico Antognoni, i granata Pulici e Zaccarelli. Ma anche Roberto Baggio negli anni Ottanta, oppure Batistuta che giocò la Viareggio Cup con la maglia del Deportivo Italiano. Un campione che si rispetti ha giocato almeno una volta al Viareggio. Lo ha fatto Del Piero e lo ha fatto Totti, Buffon e Marchisio, e poi anche Cavani e Gabbiadini e Goran Pandev, e molti di quelli che stanno infiammando i campi della nostra Serie A. Il Viareggio è un patrimonio nel calcio. Solo Rivera non lo ha disputato perché arrivato in A troppo presto e Gigi Riva, maturato troppo tardi.
Ambizioni nerazzurre. E l'Atalanta? Quest'anno spera nel colpaccio. Ma nonostante un settore giovanile florido e pieno di talenti, nonostante le partecipazioni numerose, il Viareggio i nerazzurri l'hanno vinto solamente due volte. Il primo successo arrivò nel 1969, quando gli orobici vinsero contro il Milan ai rigori, sbaragliarono il Dukla Praga che aveva vinto l'edizione precedente e in finale fecero 2-0 contro il Napoli grazie a una doppietta di Novellini. Salvò la stagione, quel trofeo. In A la squadra stava vivendo un momento difficile, che culminò con la retrocessione. La stagione dopo (1970/71) i giovani del Viareggio contribuirono a riportare l'Atalanta in A. Al Viareggio l'Atalanta tornò a splendere poi nel 1985, quando furono sconfitti in semifinale dalla Roma e poi battuta nella finalina dallo Spartak Mosca. Nel '93, invece, arrivò il secondo trofeo. L'avversario era il Milan, ma dopo lo 0-0 della prima partita si dovette rigiocare due giorni dopo. Quel giorno l’Atalanta giocò con Ambrosio, Foglio, Tresoldi, Zanardo, Pavan, Casamenti, Pisani, Tacchinardi, Longhi, Poloni, Rovaris. Giocò anche Morfeo, ma un tempo appena. Era la famosa banda Prandelli. Ancora oggi, a sentirlo parlare, si vanta di quel successo memorabile. Scusate se è poco.