«Quando trovai il corpo di Yara c'era un uomo che mi fissava»

«Mentre attendevo la polizia accanto al corpo di Yara notai un uomo che mi fissava». Lo ha rivelato in aula Ilario Scotti, l'aeromodellista che trovò il cadavere della tredicenne il 26 febbraio 2011. «Mi sembrò strano, perché era fermo all'inizio della stradina che entra nel campo. Era salito su un blocco di cemento, probabilmente per vedere meglio. Era basso di statura, aveva circa 50-55 anni ed era calvo. Era poco più alto della sua utilitaria, che poteva essere una Punto». A colpire Scotti fu soprattutto un particolare: «Rimase in quella posizione per almeno 15 minuti, poi se ne andò prima dell'arrivo delle forze dell'ordine». Chi era il misterioso personaggio? Un semplice curioso? Finora nessuno ne aveva mai parlato.
La sorella di Yara. Non è l'unica sorpresa uscita dalla quarta udienza del processo a carico di Massimo Bossetti. Keba, la sorella di Yara oggi ventenne, interrogata dal pm Letizia Ruggeri e dagli avvocati difensori ha risposto con diversi «non ricordo» riguardo a quel maledetto 26 novembre 2010. Non ha saputo dire se quel mattino aveva preso l'autobus insieme a Yara, né se avevano pranzato assieme. Ricordi confusi anche sui momenti successivi alla scomparsa. «Mi sembra che papà fosse tornato tardi, aveva una cena». Ma il signor Fulvio era rincasato poco dopo le 19, annullando l'impegno, appena saputo dalla moglie che Yara non tornava. Keba non ha ricordato nemmeno se il padre fosse uscito o no per cercare la sorella. È poi emerso anche che il 27 novembre, il giorno dopo la scomparsa della sorella, Keba creò un nuovo profilo di accesso (nuovo utente e nuova password) al suo pc personale, che solo lei utilizzava. Perché? «Non ricordo». Quanto al famoso stereo da portare in palestra, Keba ha detto di avere avuto con la sorella «un battibecco, fra virgolette, per decidere chi dovesse portarlo. Poi con la mamma avevamo concordato che lo portasse Yara. Ma non l'avevamo detto a nessuno. Io l'avrei portato la domenica, Yara invece lo portò quel venerdì».
[Ilario Scotti]
Il dvd sparito. Nel pomeriggio un altro colpo di scena: la pm Letizia Ruggeri ha chiesto al perito informatico della procura di fornirle una copia della sua relazione sui pc di casa Gambirasio, in quanto l'originale era contenuta «in un Dvd che non c'è più. Era nel fascicolo inviato al gip ma non è tornato indietro. È andato perso. È un episodio grave, non so spiegarmi come sia successo». Il perito, che ha esaminato anche la sim di Yara, ha detto che nella scheda c'erano 79 contatti. Uno, il numero 31, era stato cancellato. Nella sim non sono stati trovati sms.
Segnale da Monza. Il brigadiere Santino Garro, che raccolse la denuncia di Fulvio Gambirasio attorno alle 20.30, ha raccontato di aver subito allertato il nucleo investigativo dei carabinieri perché rintracciasse il cellulare di Yara con il sistema denominato “Carro”. «Ricordo che il telefonino risultò acceso da qualche parte nel Nord Italia, nei pressi di Monza». La compagnia telefonica, però, interrogata verso le 21, dopo mezzanotte aveva fatto sapere che l'ultima cella agganciata dall'apparecchio della ragazzina prima che si spegnesse era stata quella di via Ruggeri a Brembate Sopra, alle 18.55. Possibile? Il brigadiere ha in seguito precisato che il sistema Carro era «impreciso, lo usavamo per capire se un latitante era o no in Italia. Quella che effettuammo fu una prima ricognizione grossolana. Il sistema infatti poteva segnalare acceso un cellulare che in realtà era già stato spento in precedenza, come poi risultò». Va segnalato che Maura Gambirasio chiamò la figlia alle 19.11 e sentì tre squilli prima che scattasse la segreteria telefonica. E che Fulvio Gambirasio, settimana scorsa, aveva detto di aver appreso dal carabiniere che il telefonino «era dalle parti di Calusco o Cisano». Un balletto di orari e circostanze su cui la difesa intende far leva tramite i suoi consulenti.
Il campo di Chignolo. Riguardo al ritrovamento del cadavere, Scotti ha spiegato di averlo scorto dopo aver raccolto il suo aereo radiocomandato caduto nel campo. «All'inizio mi sembrò un cumulo di stracci, poi capii che c'era qualcosa di strano e che poteva essere un cadavere. Rimasi a due metri di distanza, se mi allontanavo lo perdevo di vista. Dopo aver chiamato la polizia, infatti, mi voltai e non lo vidi più. Credevo di essermelo sognato, invece feci due passi ed era ancora lì. Dopo venti minuti al massimo arrivarono gli agenti». L'uomo si era recato «almeno dieci volte» al margine del campo nei tre mesi precedenti, senza però mai addentrarsi tra le erbacce. «Mi capitò solo una volta prima del 26 febbraio, ma dalla parte opposta». Secondo Scotti, la vegetazione era rimasta più o meno sempre la stessa in quel periodo. «Erba bassa ai margini, rovi alti al centro del campo». Nel parcheggio vicino, quel giorno, c'erano alcuni ragazzi che gareggiavano con i loro modellini di auto. Nella stradina che si inoltrava tra i campi, invece, di solito «vedevo passare le prostitute, che proseguivano fino al boschetto dietro i terreni». Per tutta l'udienza Bossetti, accanto ai suoi legali, ha ascoltato con attenzione, senza commenti né smorfie. Tutti i testimoni hanno detto di non averlo mai visto prima dell'arresto, carabinieri inclusi.
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