C'entra un moscerino con la pancia nera

Quante cose fanno i nostri neuroni mentre dormiamo tranquillamente

Quante cose fanno i nostri neuroni mentre dormiamo tranquillamente
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Se personalizzate la pagina di Google news in modo da avere tutte le notizie su - poniamo - “neuroscience” avrete la sensazione di trovarvi in mezzo a un mondo in festa: le neuroscienze stanno vivendo un periodo di esaltazione estrema, una specie di primavera inattesa che consente di osservare sotto una luce nuova fenomeni già noti o di imbattersi in attività e processi del tutto insospettabili. Lo stesso accadrebbe se attivaste un “alert” con le stesse parole-chiave.

C’entra un moscerino con la pancia nera. Fra i protagonisti di questa abbuffata di studi c’è la Drosophila melanogaster, il moscerino con la pancia nera (melano-) che si aggira attorno alla frutta perché ama la rugiada, l’umido (drosos). Il suo merito? Avere un numero di neuroni abbastanza grande da consentirle operazioni più complesse di quelle di un’ameba, ma anche abbastanza basso da permettere agli studiosi di tenere sotto controllo le loro connessioni. Un altro vantaggio è che sono talmente tanti che se anche ne morissero sotto i ferri qualche migliaio non se ne accorgerebbe nessuno.

I neuroni che ci fanno addormentare. Di recente questi insetti hanno permesso di comprendere come funzionerebbe il nostro sonno. È noto che fra i nostri neuroni ce ne sono alcuni che vengono detti peacemaker perché regolano le funzioni ritmiche di un organismo: respirazione e battito cardiaco sono le più importanti. Anche il ritmo sonno-veglia è una funzione regolata dai peacemakers, che a loro volta sono tenuti in sincrono da due tipi di segnalazioni biochimiche, una interna e una proveniente da un’altra popolazione di neuroni chiamati clock dorsali. Queste segnalazioni si attivano all’alba e al crepuscolo, una volta per svegliarci e l’altra per addormentarci fino alla riattivazione successiva. Evidentemente funzionano in rapporto alla quantità di luce accumulata non si capisce ancora in che zona del cervello. Se si modificano per via genetica i due gruppi di neuroni sopra indicati la povera drosophila si addormenta in autobus, si sveglia nel cuore della notte, poi si riaddormenta e si sveglia magari all’ora di pranzo. Insomma va in confusione. Lo spiega bene una pagina di Le Scienze citando un articolo di PLOS | biology di cui trovate qui l’abstract.

Dormire bene fa benissimo al cervello. Ma non sono solo le neuroscienze ad occuparsi del sonno e della veglia. Anche le case farmaceutiche, che ne sono una dépendance, risultano molto interessate al fenomeno per via dei farmaci che aiutano chi si trova in difficoltà nel tenere gli occhi chiusi o aperti a seconda delle circostanze. Infine, la pubblicità: che è interessata al problema perché deve aiutare le case farmaceutiche a far conoscere i prodotti che facilitano o regolano il sonno o l’attenzione. Così ci si può imbattere in campagne promozionali che spiegano che il cervello, durante il sonno, ci schiarisce le idee, memorizza le informazioni di giornata, crea connessioni tra loro, elimina i veleni accumulati durante il giorno, ritenuti responsabili di malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson. Dunque dormire bene fa benissimo.

Com’è che, almeno per il cervello, la notte porta consiglio. Il problema è riuscire a capire come succede tutto ciò. Ad esempio, com’è che dormendo ci si chiariscono le idee, secondo il vecchio adagio “la notte porta consiglio”? Precisato che le idee appartengono alla mente, e non al cervello, sembra che le idee “si chiariscano” perché nel sonno le informazioni biochimiche (ovvero le proteine nelle quali vengono codificate le informazioni) meno in grado di connettersi con altre degenerano con maggior facilità, mettendo le altre, le più connesse, in grado di funzionare in modo più sciolto: di correre in autostrada, non di avanzare come in una via cittadina in un giorno di mercato. Via la fuffa, in altre parole, le reti appaiono più chiare.

Sì, ma come fanno queste reti a rimanere attive anche quando ci svegliamo? Sembra che questo succeda perché, dormendo, esse si sedimentano nel disco fisso del cervello - la corteccia - smettendo di continuare a svolazzare come molecole di gas al suo interno. Non tutte riescono a però a “fissarsi” e così si crea la spazzatura che - anche qui: pare - il sistema linfatico provvede a spazzar via. Sarebbe dunque opportuno - secondo questo modo di vedere - che i discorsi campati in aria siano ridotti al minimo durante la giornata, perché - privi come sono di collegamenti operativi - vanno a ingrossare le discariche cerebrali, territorio di caccia preferito da Parkinson e Alzheimer.

Ma anche perché le suddette informazioni - che in situazioni standard farebbero la fine che si è detto - possono, in taluni casi, dar luogo a formazioni di tipo innovativo che si manifestano in forma di pazzia, delirio o in quelle sindromi di solida e compatta stupidità che è difficile scalfire proprio perché prodotto di una precisa azione neuronale. Dunque: a dormire bene ci si prepara durante la giornata e, viceversa, un buon sonno consente un risveglio pieno di felicità, privo di rimpianti e di ricordi-spazzatura.

Quello che le neuroscienze non dicono. Quello che le attuali neuroscienze del sonno spiegano meno, impegnate come sono a capire come funziona il ritmo circadiano (il ritmo sonno-veglia nel giro di 24 ore), è la formazione dei sogni, tipico prodotto delle ore passate a occhi chiusi. Così resta a tutt’oggi non spiegato come possano darsi episodi come quello descritto dallo scrittore boemo Franz Kafka all’inizio del famoso racconto La metamorfosi:

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto. Sdraiato nel letto sulla schiena dura come una corazza, bastava che alzasse un po' la testa per vedersi il ventre convesso, bruniccio, spartito da solchi arcuati; in cima al ventre la coperta, sul punto di scivolare per terra, si reggeva a malapena.

Che insetto fosse non sappiamo. Una drosophila certamente no, perché la descrizione non coincide.

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