Manca ancora l’ufficialità, ma sembra essersi finalmente sbloccata la situazione riguardante la proroga della Cassa integrazione straordinaria per 430 dipendenti (250 solo a Bergamo) di Italcementi, ormai Gruppo Heidelberg. Dopo mesi di pressioni sindacali, a marzo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto che permette all’azienda di richiedere la proroga dell’accordo in scadenza a settembre 2017, allungandolo fino a dicembre 2018. In altre parole, grazie a questa procedura, molti ex lavoratori continueranno a ricevere un aiuto economico. Una bella notizia, dunque.

I numeri del “costo umano”. Che non cancella però quel retrogusto amaro che l’intera operazione di cessione dell’azienda al colosso tedesco Heidelberg ha lasciato. Perché alla fine, a pagare, saranno comunque i cittadini. Quanto? Tanto. Numeri ufficiali, al momento, non ci sono. Ma dall’Inps un paio di cifre sono filtrate: nel solo 2016, la Cassa integrazione straordinaria dei lavoratori in esubero di Italcementi è costata sei milioni di euro, a cui vanno aggiunti i quattordici milioni spesi dallo Stato per la Cassa integrazione dal 2014. In tre anni, quindi, sono venti i milioni usciti dalle casse italiane. Il tutto a fronte di un costo “umano” enorme, se si considera che, a dispetto dei cinquecento previsti inizialmente, sono più di 1.500 i posti di lavoro tagliati dai nuovi proprietari tedeschi, che salgono a circa 2.500 se si mettono in conto anche quelli colpiti da misure di ristrutturazione.
I soldi ai Pesenti. Davanti a questi numeri vien da pensare che, come ipotizzato a cessione conclusa (ottobre 2016), gli unici a pagare lo scotto di questa operazione siano stati i lavoratori e l’economia locale. Anche perché la famiglia Pesenti ha intascato 1,7 miliardi per il 45 per cento che era di sua proprietà, Carlo Pesenti s’è preso 6,36 milioni di euro di buonuscita e Heidelberg ha invece ulteriormente rafforzato la propria posizione sul mercato del cemento, come attestano i dati relativi al primo trimestre del 2017 (i ricavi sono cresciuti del 34 per cento, arrivando a quota 3,8 miliardi di euro).

Un pezzettino di aeroporto. Nel conto delle perdite che Bergamo s’è vista costretta ad affrontare in seguito all’accordo Italcementi-Heidelberg, oltre ai posti di lavoro e a una non indifferente mole di denaro, c’è poi anche un pezzettino di aeroporto. L’ex azienda dei Pesenti, infatti, deteneva il 3,27 per cento delle quote di Sacbo, società controllante lo scalo di Orio, e nella cessione non s’è preoccupata di passare quelle quote a Italmobiliare, la holding di famiglia. Risultato: i tedeschi si sono trovati in mano una piccola ma comunque rilevante parte del nostro scalo e, nonostante le richieste successive di cedere quelle quote a mani italiane, loro pare si siano appellati agli accordi. Tutto questo in una fase delicata, in cui si sta discutendo il futuro del patto di sindacato e in cui ogni decisione avrà evidenti ricadute anche sul futuro della Bergamasca.