la tragedia nell’alessandrino

Ma per lo Stato quanto vale la vita di un Vigile del Fuoco?

Ma per lo Stato quanto vale la vita di un Vigile del Fuoco?
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«Con oggi è cambiato tutto. Lo Stato deve capire che mentre prima il Vigile del Fuoco moriva per gli incendi e le calamità, oggi muore anche per le bombe». È il commento di Marco Luconi, un rappresentante di Canapo, una delle sigle sindacali dei pompieri. «Oggi» indica la notte tra il 4 e il 5 novembre scorsi, quando tre vigili del fuoco sono rimasti uccisi a Quargnento, piccolo paese di poco più di mille abitanti nella pianura alessandrina. È dura la vita da pompiere. Dura e davvero poco gratificante.

 

È una situazione misteriosa quella che ha causato la tragedia dell’altra notte: un incendio in una cascina rimessa perfettamente a nuovo per essere venduta. Quando i pompieri arrivano non sanno che quell’incendio è stato causato da un’esplosione di una bombola a gas attivata da un timer. E non sanno che a quell’esplosione ne doveva seguire un’altra, probabilmente per un errore che ha fatto saltare il sincronismo. «All’interno dell’abitazione sono state trovate bombole di gas, inneschi rudimentali e alcuni timer. Tutto ci fa pensare che l'esplosione sia stata voluta e deliberatamente determinata», hanno spiegato gli inquirenti. «Dagli elementi che abbiamo acquisito pensiamo sia un fatto doloso». È stata una vera strage, nella quale sono rimasti uccisi Matteo Gastaldo, 46 anni, che era l’autista; Marco Triches, vigile del fuoco con grande esperienza che non aveva mai abbandonato la passione per il teatro e per il rugby e Nino Candido, 32 anni, il più giovane, che aveva scelto di diventare effettivo qualche anno fa, seguendo le orme del padre. Antonio qualche giorno fa sulla sua pagina Facebook aveva scritto un post un po’ premonitore. Dopo la morte di un collega aveva posto una domanda rimasta drammaticamente senza risposta: «Quanto vale la vita di un Vigile del Fuoco?».

 

«Lavoriamo in silenzio e abbiamo imparato a morire senza fare troppo rumore. Per quanto tempo ancora?», fa eco uno dei messaggi lasciato fuori dalle caserme dei Vigili del Fuoco di Alessandria insieme a centinaia di mazzi di fiori.
A parte questo omaggio, resta l’amarezza di sentirsi un po’ «figli di un dio minore». «Sapete quanto prenderanno le famiglie delle tre vittime di risarcimento? Meno di 2 mila euro! Una vergogna. Le famiglie dei nostri morti sul lavoro vanno avanti con le collette dei colleghi»: così si è sfogato dopo la tragedia dei tre colleghi Costantino Saporito, sindacalista dei Vigili del Fuoco dell’Usb. Sono 34 mila i Vigili del fuoco italiani, una categoria che incredibilmente non rientra tra quelle che godono della tutela dell’Inail in caso di incidenti sul lavoro. È una questione che si trascina da anni e che viene sistematicamente derubricata dalla politica. L’estate scorsa l’esecutivo gialloverde, pur avendolo promesso, non aveva inserito nel secondo Decreto Sicurezza né la tutela Inail, né il miglioramento economico prospettato, né le nuove assunzioni, né gli investimenti in dotazioni e infrastrutture.
Oggi la retribuzione media di un vigile del fuoco oscilla tra i 1.400 e i 1.600 euro mensili. Per fare un paragone sono circa 300 euro in meno di un parigrado della Polizia. Per fare un altro paragone, un pompiere in Francia guadagna 500 euro in più rispetto ai colleghi italiani. Per di più a differenza degli agenti di pubblica sicurezza, i pompieri non godono nemmeno delle tutele concesse loro in caso di «incidente in servizio». Dura la vita del pompiere...

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