Il quartiere fantasma di Albino
Un paradosso: settantasei appartamenti senza abitanti da quasi dieci anni. Gli inquilini sono stati “cacciati”, poi è arrivata la crisi. La riqualificazione può ripartire. Terzi: «Operatori interessati, però...».
Obiettivo puntato sul Quartiere Fiorito, complesso residenziale in pieno centro tra Albino capoluogo e la frazione di Desenzano, tra viale Libertà e via Roma, a due passi dal Municipio. Il quartiere, edificato negli anni Settanta, è costituito da sette palazzine (tre da cinque piani fuori terra e quattro da quattro) dotate di autorimesse al piano terreno, raggiungibili da percorsi interni al parco che completa l’area. Il quartiere era destinato esclusivamente alla civile abitazione, settantasei le unità abitative presenti. Tuttora la situazione strutturale degli edifici è buona, coperture in lamiera incluse, unico limite l’assenza di ascensori. Negli anni precedenti l’ultima grande crisi, la proprietà valutò l’idea di ripensare l’intera area, quindi non rinnovò i contratti d’affitto ai residenti. Ben presto gli edifici si svuotarono, ma l’idea progettuale rimase sulla carta. Perché?
Ecco cosa accadde. Con lo scoppio della crisi finanziaria internazionale del 2007, il sistema finanziario italiano non subì grossi danni poiché le banche italiane erano relativamente poco internazionalizzate e avevano in portafoglio basse quantità di titoli tossici, ma nel settembre dell’anno successivo ci fu il fallimento della Lehman Brothers. Era la quarta banca d’affari degli Stati Uniti d’America. Secondo alcuni, fu il fallimento dell’istituzione finanziaria più importante della storia degli Stati Uniti. Le immagini dei dipendenti della banca d’affari americana che abbandonavano i propri uffici alla spicciolata fecero il giro del mondo. Il superamento delle ripercussioni della crisi finanziaria sull’economia reale mondiale fu anticipato da alcuni segnali già nel 2009 e si concluse nel 2010. Mentre gli altri Paesi colpiti dalle ripercussioni della crisi finanziaria riprendevano a crescere, l’Italia continuava ad affondare gravata dai problemi strutturali della sua economia. La crisi che toccò profondamente l’Italia la sperimentammo anche nei nostri paesi, sia a livello lavorativo che di investimenti. Per citare qualche esempio, Albino pagò la crisi con il fallimento del Cotonificio Honegger, con il blocco quasi totale del settore edile e, per quanto riguarda il pubblico, l’insufficienza di risorse influì addirittura sulla manutenzione ordinaria dei beni comuni. La trasformazione del quartiere fu congelata proprio dall’onda lunga della crisi. E oggi, qualcosa si muove? Lo abbiamo chiesto a Fabio Terzi, primo cittadino di Albino.
«Ricca di verde, tranquilla, in centro e vicina a tutti i servizi, l’area del Quartiere Fiorito è una delle migliori di Albino, un vero peccato che sia in queste condizioni. Un imprenditore potrebbe pensare a un bell’investimento per realizzare degli alloggi, anche di lusso. L’intenzione era quella di demolire tutto, il progetto prevedeva l’utilizzo delle stesse volumetrie e altezze, convertendo il piano terreno da servizio alla residenza (autorimesse) a residenziale, ricavando quindi le autorimesse sfruttando il sottosuolo».
Il piano è scaduto?
«No, fa parte di una nuova edificazione da attivarsi con un piano attuativo e convenzione urbanistica. Una volta presentato, basta un’approvazione di giunta in quanto l’intervento è già codificato nel nostro Pgt».
Tempi?
«Ci auguriamo brevi, ma dipendono esclusivamente dalla proprietà. Siamo a conoscenza di operatori interessati a rilevare l’area, ma c’è ancora distanza tra domanda e offerta. Se, unitamente alla realizzazione del piano che vede coinvolta la vecchia discoteca Antares, si dovesse concretizzare anche il nuovo Quartiere Fiorito, riqualificheremmo un’area molto importante per il paese. Questo è certo».
Da quanto tempo gli immobili sono sfitti?
«Circa dieci anni, era a fine mandato l’amministrazione Rizzi (2004-2009 ndr)».
Si sono verificati fenomeni di occupazioni abusive?
«No, solo in un’occasione abbiamo individuato dei bivacchi. Siamo intervenuti contattato la proprietà che ha recintato l’area. Ora è monitorata e non abbiamo nessuna evidenza di bivacchi, perlomeno stabili. Recentemente la Prefettura ha richiesto, sulla base del Decreto Sicurezza, un inventario con elencata la presenza sul territorio di bivacchi stabili in abitazioni sfitte pubbliche e private che a noi non risultano esserci».
Concludiamo con alcuni pareri degli albinesi. «Io non ho ben capito cosa possa essere successo - commenta Beppe Duci -, di sicuro mi sembra fermo con le quattro frecce da un bel po’ di tempo. Lì ci abitava tantissima gente che conosco». Qualcosa di più lo racconta Bruno Redondi, che parla di «un progetto nato prima della crisi, quando il mercato immobiliare tirava alla grande. Doveva nascere un quartiere con villette e case meno condominiali. Non è che sappia più di quel che si racconta, so che le prospettive erano di fare un residenziale più qualitativo dell’attuale, poi ho visto che non se ne è mai fatto nulla e tutta l’area sta ancora lì transennata». Elena Pezzotta ha il dente avvelenato con i proprietari: «Io so solamente che ci hanno buttato fuori come fossimo dei cani, se ne sono fregati di tutti quegli anziani e di quelle famiglie che vivevano lì da più di trent’anni. Ora dovranno pagarci sopra anche un bel po’ di tasse e ben gli sta». Loredana Schena ricorda che «gli ultimi residenti andarono via all’inizio del 2012». Un ultimo pensiero e una speranza da Farida Colombo: «Un vero spreco in una zona così centrale. Ci andavo a giocare da bambina. Se qualcuno realizzerà il nuovo Quartiere, mi ci trasferirei volentieri».