La strage di Latina

Quel terribile delitto al rallentatore

Quel terribile delitto al rallentatore
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La voce delle bambine non l’ha sentita nessuno. Luigi Capasso le ha uccise subito, appena si è barricato in casa inscenando la trattativa con i negoziatori che volevano convincerlo a recedere dal suo piano. È quello il dettaglio più spaventoso della spaventosa strage avvenuta ieri a Cisterna di Latina: il carabiniere prima ha sparato alla moglie Antonietta Gargiulo in garage, poi è salito in casa per uccidere le due figlie, di 7 e 13 anni. I vicini hanno parlato di detonazioni all’alba. E sono state quelle che hanno messo fine alla vita delle figlie. Del resto, se ancora vive durante l'assedio alla casa, con il trascorrere delle ore l'uomo non avrebbe forse più avuto la freddezza, o - per contro - l'assenza di lucidità e controllo (umanità?), per ucciderle.

Alla fine di questa tetra messa in scena Luigi Capasso si è suicidato, e così è stato possibile scoprire quello che davvero era accaduto in quella casa. «La signora era a terra cosciente», ha raccontato una vicina. «Ci ha detto che era stato il marito e che temeva per le figlie. Abbiamo chiamato subito aiuto». Invece era già troppo tardi, come si è capito. Perché la furia omicida dell’uomo, già scattata nei confronti della moglie in garage, non ha conosciuto remore, ed è arrivata intatta fino all’appartamento.

 

 

Il giorno dopo, rivivendo quel film quasi irreale, vengono a galla dettagli. Appena siti e radio hanno dato la notizia, c’è stato un assalto alla pagina Facebook del carabiniere. Sulla sua bacheca in breve è arrivato di tutto, con una gamma di commenti che copriva tutto le possibili reazioni: dagli insulti più violenti, alle implorazioni a desistere, sino alle preghiere. Il profilo, prima di esser chiuso, è stato ovviamente scandagliato, alla ricerca dei minimi indizi che fossero premonitori di quanto Capasso avrebbe commesso. Così ogni foto, ogni frase del giorno si è connotata di un carattere quasi profetico.  C’è chi ha fatto in tempo a notare come i messaggi in cui si parlasse di Antonietta, la moglie fossero molto pochi. Sintomo di un gelo. Ma per passare dal gelo alla revolverata a bruciapelo passa tanta strada. E quella strada nessuno poteva immaginarla né oggi è lecito intravvederla a posteriori.

 

 

Quello di Luigi Capasso è stato un terribile delitto al rallentatore. Quasi un reality, dove però non c’era spazio per nessuna finzione. Neppure, purtroppo, per la finzione inscenata per qualche ora dall’assassino, facendo credere che le figlie fossero ancora vive. Come ha ricordato Entico Cicchetti con un articolo di grande finezza pubblicato oggi su Il Foglio, il grande Dostoevskij aveva ricordato per bocca del principe Šč nelle pagine dell’Idiota, che non esistono «delitti assurdi». Perché ogni delitto è assurdo. La differenza questa volta è essere stati per ore di fronte a questa assurdità, averla potuto stigmatizzare o aver sperato che si potesse ancora fare un passo indietro. Siamo stati tutti in quello spazio cieco che coincide con l’assurdità di ogni delitto. Così si può avere consapevolezza di quanta distanza ci sia tra  le cause che oggi vengono accampate per cercare di spiegare quanto accaduto e quel gesto che appartiene alla sfera dell’assurdo.

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