Le ragioni della svolta turca che apre ai curdi (iracheni)
Altra svolta a sorpresa sulla posizione turca nei confronti dell’Isis e di Kobane. Ankara ha annunciato che permetterà ai peshmerga iracheni di attraversare il confine e unirsi ai curdi che nell’enclave di Kobane stanno combattendo da oltre un mese i miliziani dell’autoproclamatosi califfato. Lo ha comunicato il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu, non fornendo però i dettagli del negoziato e dicendo che sono ancora in corso colloqui sull’argomento e, soprattutto, non commentando la mossa americana del lancio di aiuti ai curdi iracheni del Rojava.
La richiesta di apertura di un corridoio era arrivata del presidente del Kurdistan iracheno Massud Barzani, con lo scopo di fornire aiuto ai miliziani delle Unità di protezione del popolo (Ypg) nella loro battaglia contro l'Isis. Barzani e il ministro per i peshmerga Mustafa Sayid Qader starebbero coordinando l'operazione in collaborazione con Salih Muslim, il leader del Partito curdo dell'Unione democratica (Pyd) e i comandanti dell'Ypg. Il passaggio di combattenti a supporto dei curdi attraverso il territorio turco è indispensabile per far confluire tali forze a Kobane, in quanto il centro abitato è assediato su tre lati, (est, sud e ovest) dai jihadisti.
Le ragioni della (parziale) svolta. La svolta turca risulta ancora più sorprendente dal momento che il Presidente Recep Tayyp Erdogan solo un giorno prima aveva criticato i piani degli Usa di sostegno ai peshmerga e ribadito la sua opinione nei confronti dei guerriglieri del Pkk, paragonandoli ai terroristi dell’Isis. Il presidente Usa Barack Obama aveva preventivamente annunciato a Erdogan la decisione del lancio di armi e aiuti ai curdi con una telefonata. Un portavoce dell’amministrazione americana ha spiegato: «Comprendiamo le preoccupazioni turche per il tipo di gruppi, compresi quelli curdi, che sono stati impegnati in un conflitto. Tuttavia, riteniamo che Stati Uniti e Turchia si trovino di fronte un nemico comune, l’Isis».
L’apertura delle frontiere meridionali a quanti decidono di unirsi ai curdi per combattere l’Isis non è da considerarsi tanto una presa di posizione contro le milizie del califfato, quanto piuttosto un cedimento alle pressioni internazionali. E l’autorizzazione al passaggio sul territorio turco è solo per i curdi iracheni e non per quelli turchi. Il ministro Cavusoglu ha tenuto a sottolineare che la Turchia non è intenzionata a sostenere direttamente i militanti del Pyd, visti con sospetto dal governo turco per la loro vicinanza ideologica ai guerriglieri autonomisti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), considerato da Ankara, così come da Usa e Ue, un’organizzazione terroristica. «L’Ypg», ha spiegato Cavusoglu, «non otterrà l'appoggio della Turchia finché il suo obiettivo rimarrà quello di porre sotto il proprio controllo una parte della Siria». I miliziani curdi, pur apprezzando quanto fatto da turchi e americani, chiedono anche l’apertura di corridoi di sicurezza all'interno della Siria per collegare Kobane con le altre due zone a maggioranza curda nel nord del Paese: Afrin, a ovest di Aleppo, e Hasaka.
Armi e aiuti umanitari Usa a Kobane. Nella notte tra domenica 19 e lunedì 20, i cargo americani hanno sganciato armi, munizioni e materiale medico alle autorità di Kobane, e le milizie curde hanno ringraziato l’America. L’intervento, che ha impiegato 3 aerei e 27 lanci, è stato deciso dagli Usa in accordo con le autorità curde e avrebbe fatto irritare la Turchia per il rischio di un ulteriore rafforzamento del PKK (Partito curdo dei lavoratori). A spiegare le ragioni dell’azione americana è il segretario di stato Usa John Kerry, che dice: «Sarebbe irresponsabile non aiutare i curdi».
Un intervento, quello americano, condotto di pari passo con i raid aerei su Kobane, che hanno costretto a una parziale ritirata i miliziani dell’Isis e a un’affermazione delle forze curde. Le bandiere nere sono sparite dai palazzi e dalle colline, e l’Isis controllerebbe la metà di quello che deteneva la scorsa settimana. Ma la città è tutt’altro che fuori pericolo e potrebbe ancora cadere. I miliziani dell’Isis, per rafforzare le proprie fila, starebbero ricorrendo anche all’arruolamento di bambini di 12 anni in cambio di denaro. Soprattutto però, circolano voci secondo le quali il califfato si appresterebbe a utilizzare l’aviazione: sarebbe in possesso di tre caccia Mig rubati alla Siria ad est di Aleppo e da tempo starebbe addestrando i propri piloti.
Turchia non ammessa al Consiglio di Sicurezza Onu. Intanto, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha preferito la Spagna alla Turchia come nuovo membro non permanente del Consiglio di Sicurezza. Un seggio della durata di due anni a partire dal primo gennaio 2015. Una clamorosa sconfitta per la Turchia di Erdogan, come l’ha definita il New York Times, sottolineando come Ankara negli ultimi tempi abbia cercato di «proiettarsi come una potenza regionale in Medio Oriente, evidenziando in particolare il suo ruolo nella guerra contro il gruppo estremista dello Stato islamico». Ma sul voto ha influito «la repressione insufficiente dei combattenti stranieri che hanno viaggiato attraverso la Turchia per unirsi a gruppi estremisti in Siria».