Rcs, la crisi è sempre più salata Dovrà tagliare altri 470 dipendenti

Rcs Mediagroup è da qualche anno impegnato in un imponente riassestamento societario. L’evoluzione del mondo dell’informazione e dell’editoria, che ha colto più che impreparato il nostro Paese, ha imposto ad Rcs di rivedere le proprie strategia e le proprie impostazioni; gli ha imposto, soprattutto, di rivedere i costi. E in questi giorni, è arrivata una notizia che ha creato grandissimo subbuglio nelle redazioni affiliate al gruppo: è stato infatti predisposto un piano di riqualificazione dei costi che prevede un taglio di circa 30 milioni di euro, che si tradurrà nel metodo più immediato per arginare le spese: tagliare il personale. Conti alla mano, dunque, sono ben 470 i professionisti (fra giornalisti, grafici, personale amministrativo ecc.) che fra Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport e altre ramificazioni editoriali rischiano il posto di lavoro. Una decisione che ha scatenato l’ira dei sindacati e dei lavoratori interessati.
Le decisioni di Rcs. Nel comunicato ufficiale del Consiglio di amministrazione di via Rizzoli viene anzitutto evidenziata l’intenzione di proseguire nel progetto finanziario iniziato nel 2013, che prevedeva l’investimento di 220 milioni di euro in nuove tecnologie, adattamento alle moderne richieste del mercato, e lancio di nuovi prodotti. Di questi 220 milioni, 180 sono già stati investiti, ma, nonostante questo, «il settore continua a caratterizzarsi per un calo costante dei ricavi editoriali tradizionali, e per una persistente difficoltà sul versante pubblicitario». Insomma, in parole povere, per quanto sia stato investito parecchio denaro per invertire la tendenza negativa degli ultimi anni, le perdite continuano ad essere consistenti, se non addirittura insostenibili. Rcs ritiene quindi «indispensabile adeguare la struttura dei costi alle nuove condizioni del mercato per consentire la sostenibilità aziendale e tutelare l’indipendenza e la qualità delle testate». «Da qui», prosegue la nota, «la necessità di interventi finalizzati a rivedere sia i processi organizzativi sia le attività lavorative, al fine di rendere il gruppo più dinamico e flessibile, in linea con le sfide del mercato». Anche in questo caso, con una semplice parafrasi, il concetto che emerge è: signori, soldi non ce ne sono, e quindi alcuni di voi dovranno rimanere a casa.
I prepensionamenti. Coloro che, stando alle indiscrezioni, rischiano di più sono i professionisti impiegati nei rami un po’ più periferici di Rcs, come il Corriere del Mezzogiorno e le redazioni locali (fra cui anche Bergamo), oltre al settore dei periodici: Amica, Dove, Oggi. Dopo la mancata acquisizione delle tre riviste da parte del gruppo Mondadori (per la quale si parlava di una cifra fra i 120 e i 150 milioni di euro), Rcs ha ritenuto che questi siano i primi rami da potare. Per tentare di limitare le perdite, è stato dato il via anche a molti prepensionamenti, ma si tratta di una mossa nemmeno lontanamente sufficiente.
La reazione dei lavoratori. Per tramite di un comunicato sindacale, è arrivata la risposta dei dipendenti. Vengono esplicitamente citate le «scelte sbagliate di gestione» di questi anni, che «hanno già comportato una riduzione notevole del numero dei giornalisti del Corriere della Sera», e che anche questa volta riverseranno le dolorose conseguenze sui dipendenti. L’attacco è duro e diretto: «Dopo anni di generosi dividendi distribuiti agli azionisti l’assemblea generale dei giornalisti del Corriere della Sera chiede ora con forza l’attuazione dell’aumento di capitale previsto, e solo in parte realizzato, per alleggerire un debito dovuto ad errori strategici commessi in passato dal management e che è stato interamente scaricato sulle spalle della redazione del Corriere, della Gazzetta dello Sport, dei grafici e dei poligrafici». Infine, i sindacati, in accordo con giornalisti e personale vario di Rcs, ha minacciato 11 giorni di sciopera per il Corriere e 7 per la Gazzetta.