Bilanci, quali sono le Regioni bocciate dalla Corte dei Conti
Attivi truccati, spese di rappresentanza incomprensibili (e ingenti), illegale utilizzo delle società partecipate, buchi finanziari fatti sparire: sono solo alcuni degli scheletri che la Corte dei Conti ha tirato fuori dagli armadi delle Regioni italiane, in seguito al controllo sui bilanci degli enti territoriali. Una novità assoluta, peraltro: grazie ad una legge del 2012, divenuta operativa solo di recente, la massima autorità italiana in tema di controlli finanziari ha avuto la possibilità di scartabellare fra i conti delle Regioni; e il risultato è davvero preoccupante, tanto che la Corte, chiamata alla fine dell’esame ad esprime una giudizio di certificazione, ha dovuto rimandare diverse Regioni. Nonché bocciare senza possibilità di appello la Campania.
Fantasia al potere. Il lavoro della Corte dei Conti è stato particolarmente arduo, soprattutto perché, inconcepibilmente, non esiste in Italia una norma unica che definisca la redazione dei bilanci delle Regioni, ma ciascuna di esse ha la possibilità di stabilire regole proprie in materia, rendendo particolarmente difficili i controlli e permettendo di far quadrare alcuni conti che, altrimenti, sarebbero decisamente inaccettabili.
I casi peggiori. Come accennato, la situazione più critica è in Campania: il passivo di bilancio è di un miliardo e 700 milioni di euro, che finora era stato mascherato grazie all’inserimento, fra gli attivi, di attività per 3 miliardi di euro. Piccolo problema: questa attività sono inesistenti.
Non meno assurda la vicenda del Piemonte: la Regione non ha ottenuto la certificazione da parte dei giudici per una fetta del bilancio; addirittura la magistratura contabile ha parlato di dubbi sulla corretta iscrizione a bilancio delle anticipazioni che riguardano 2 miliardi di euro prestati dal Tesoro per saldare gli arretrati maturati con le imprese fornitrici di sanità. Quindi, è l'accusa della Corte dei Conti, il Piemonte ha ottenuto i soldi, non li ha usati per quello scopo, ma ha cancellato dal bilancio i debiti con i fornitori senza iscrivere i prestiti del governo come nuovo debito.
Non meno curioso, si fa per dire, anche il caso della Liguria, dove fioccano enormi bonus ai dirigenti Asl senza alcuna motivazione, nonché 91 milioni di euro di crediti iscritti all’attivo di bilancio, che sono in realtà inesigibili.
Per quanto riguarda invece la Sicilia, per metà delle leggi presentate dalla Giunta manca la relazione tecnica, con il rischio palese che gli oneri possano rimanere così occulti. Non è un caso che la Corte abbia in parte negato la certificazione del bilancio. Nella stessa regione, il rapporto tra dirigenti e dipendenti lievita senza freni: uno ogni 8, rispetto alla media delle altre Regioni, di uno ogni 16. Senza contare l’elevato numero degli stessi dipendenti: circa 20 mila, oltre ai 7.300 delle partecipate.
C’è infine il caso Calabria, dove, oltre ad anomale spese di rappresentanza (750 euro in un solo giorno al ristorante per “spese di ristoro”), i magistrati hanno segnalato circa 27 milioni di euro fuori bilancio. E nella relazione della Corte si denuncia la violazione del principio di trasparenza, oltre agli squilibri pesanti nella gestione vincolata della cassa regionale.
Le conseguenze. Naturalmente, tutto ciò ha ovvi riflessi sulla contabilità dello Stato, che elargisce risorse di cui l’utilizzo è sempre più dubbio, e che si ritrova a dover coprire enormi buchi di bilancio dovuti ad una gestione tutt’altro che esemplare. Il taglio di 4 miliardi di euro previsto dalla nuova legge di stabilità alle Regioni, nonostante le aspre polemiche che ha generato fra i Governatori italiani, forse non è del tutto ingiustificato.