l'appello

La Cisl di Bergamo: «Riapriamo subito i nidi e i centri estivi. Scelta civile e pedagogica»

Queste strutture nella Bergamasca sono oltre 200 e ospitano circa 5mila bambini. Il segretario Mario Gatti: «Significa concedere a circa 10 mila persone in provincia di scegliere liberamente di riprendere a lavorare»

La Cisl di Bergamo: «Riapriamo subito i nidi e i centri estivi. Scelta civile e pedagogica»
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La data del 18 maggio si avvicina e, con essa, il ritorno al lavoro di un numero ancora maggiore di persone. Ma è qui che emerge nuovamente casca l'asino, facendo emergere un problema di molte famiglie al quale il Governo sembra essere sordo: i genitori a chi devono affidare i propri figli piccoli?

Per questo è di fondamentale importanza riaprire gli asili. «La questione dei piccoli da 0 a 6 anni è difficile da affrontare, perché riguarda l’organizzazione generale della società – evidenzia Mario Gatti, segretario Cisl di Bergamo -. Il dibattito sugli asili nido potrebbe apparire marginale, ma coinvolge un numero elevato di persone e, quindi, di imprese. Fatto salvo il diritto di ogni lavoratore di decidere se richiedere smart-working, permessi o congedi parentali straordinari, riaprire i nidi significa concedere a circa 10 mila persone nella sola provincia di Bergamo di scegliere liberamente di riprendere a lavorare. Così qualche migliaio di aziende avrebbe lavoratori liberati dall’angoscia della gestione dei figli. Inoltre, aspetto assolutamente non secondario, potrebbero tornare al lavoro non soltanto il migliaio di dipendenti delle strutture, ma anche gli altrettanti lavoratori dell’indotto come: servizi mensa, pulizie, approvvigionamento del materiale didattico o sanitario. Riaprire i nidi sarebbe la prima scelta civile che un Paese dovrebbe fare, anche e soprattutto per una scelta pedagogica nei confronti dei bambini».

Queste strutture nella Bergamasca sono oltre 200 e ospitano circa 5mila bambini; al loro interno ci lavorano circa mille persone, per la maggior parte donne. Ora, la Cisl Bergamo chiede che asili nido e scuole dell’infanzia siano nuovamente aperti da giugno, sposando la tesi di Daniele Novara, direttore del Centro Psico Pedagogico di Piacenza e primo firmatario dell’appello “Riaprire ai bambini”. «Non si può pensare di aprire le attività e tenere chiusi i servizi per l'infanzia – prosegue Gatti -. In tutta Europa si sta procedendo in parallelo senza fare del terrorismo. Se la vita riprende le possibilità di contagio ci sono a casa come al nido e a scuola».

«Occorre riaprire con un processo graduale che, iniziando dall’estate, porti per l’inizio del prossimo anno scolastico una maggior competenza organizzativa ed educativa nella gestione delle riaperture dei centri per l’infanzia e delle scuole, soprattutto quella Primaria – spiega il professor Novara -. Sul piano della sicurezza sanitaria, i bambini possono disporre di mascherine già a partire dal compimento dei 4 anni. Se proposto adeguatamente, per loro può rappresentare un puro e semplice gioco; mettendo però in conto, da parte degli adulti, che si tratta di bambini e una certa tolleranza è necessaria. Gli educatori vanno tutelati in maniera adeguata e occorre che usino le mascherine da togliere solo in determinati momenti, proprio per evitare un effetto di paura nei bambini, che rischiano di non riconoscerne il viso. Inoltre, devono essere utilizzati tutti i dispositivi igienico-sanitari per il lavaggio delle mani e la sanificazione dell’ambiente. Tutte le ricerche internazionali, ma specialmente europee, hanno confermato la scarsa infettività dei bambini a questo virus e, qualora avvenisse, a parte rarissimi casi di bimbi già ammalati, hanno manifestazioni sintomatiche più contenute di quelle degli adulti».

Tra l’altro, evidenzia il sindacato, per Comuni e Ambiti sociali del territorio, nella ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali per il 2020, Regione Lombardia ha scelto di destinare il 32 per cento delle risorse all’attivazione di interventi e servizi sociali per affrontare l’attuale condizione di emergenza, con la raccomandazione di agire «per il rafforzamento degli interventi e dei servizi nell’area dell'infanzia e dell'adolescenza». Tali risorse sono destinate per l’88 per cento (pari a 15.8 milioni di euro) a tutti gli ambiti, che vanno a sommarsi ai precedenti 37.9 milioni già stanziati. Il restante 12 per cento, pari a 2.1 milioni di euro, è riservato ai territori più colpiti, tra cui Bergamo.

Per la Cisl quindi «sarebbe opportuno che i Comuni si attivino per recuperare e utilizzare le risorse messe a disposizione e che il Consiglio di rappresentanza dei sindaci apra una discussione con le parti sociali e gli altri attori del territorio, per un ragionamento complessivo sugli interventi del dopo Covid – conclude Gatti -. In Danimarca e in Portogallo che sono stati tra i primi a aprire sembra che la frequenza sia intorno al 10 per cento, ma si tratta di una questione di sopravvivenza. Tutti sono d'accordo sul fatto che i servizi per l'infanzia servano subito soprattutto per le situazioni di fragilità sociale e personale: le famiglie e i bambini più deboli sono penalizzati in maniera esponenziale dall’isolamento, che esaspera le situazioni di povertà educativa».

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