Essere ribelli cambierà il mondo
Vogliamo seguire un copione o scrivere da soli la nostra storia? Attorno a questa domanda, e all’arte di “essere ribelli”, si sviluppa il libro Rebel Talent scritto da Francesca Gino, professoressa (italiana) della Harvard Business School. Da studiosa del comportamento, la Gino ha voluto capire cosa ci sia dietro la volontà di infrangere le regole e in che modo questa non solo non debba essere combattuta, ma dovrebbe diventare un atteggiamento auspicabile per dare a tante aziende una spinta verso la creatività e il successo, oltre a risolvere il problema dell’engagement dei dipendenti. Secondo la sua visione, il ribelle non è qualcuno che infrange le regole “per partito preso”, ma che, dopo averle analizzate e conosciute a fondo, le supera in modo costruttivo.
Un esempio celebre è quello del pilota Sully Sullenberg, che nel gennaio 2009 salvò la vita dei 155 passeggeri decidendo di far atterrare l’aereo che pilotava sul fiume Hudson dopo aver valutato che, a causa di un’avaria nei due motori, non sarebbe riuscito a raggiungere nessun aeroporto. Lo fece per ribellione? No di certo. Descritto da tutti i suoi colleghi come una persona introversa e riservata, Sullenberg prese quella decisione seguendo il suo istinto, la sua creatività e la sua esperienza. La vera ribellione non è qualcosa che si improvvisa, come dimostrato anche dalla profondità e lunghezza dello studio di Francesca Gino, nato dopo dieci anni di analisi e studio del comportamento di alcune aziende di successo. Talento ribelle: perché paga rompere le regole al lavoro e nella vita è il titolo completo del volume, che spiega in dettaglio come l’essere ribelli non coincida con la tradizionale nozione di questo concetto. Per renderlo ancora più semplice da comprendere, è stato poi elaborato un test, disponibile sul sito rebeltalents.org: trenta domande che, apparentemente, con l’essere ribelli hanno ben poco a che fare e che variano dai propri interessi al di fuori del lavoro al modo di gestire i conflitti, dalla profondità delle proprie letture alla voglia di cercare il punto di vista altrui. Quattro i profili ricavabili dal test: il viaggiatore, che non si fa condizionare dalle influenze esterne; lo scalatore, che ignora l’eccessiva fiducia in se stesso; il pirata, che si oppone al pensiero e alle azioni altrui; la guardia, che rispetta tradizioni e sentimenti altrui ma rischia di perdere l’occasione di fare come vuole.
Se da un lato tradizioni e regole sono necessarie al perpetrarsi della società e all’organizzazione civile del vivere, l’eccessivo rispetto di norme e rituali rischia di farci perdere la consapevolezza di certe decisioni, spiega la Gino. Pare, tra l’altro, che più si ha viaggiato più sia facile avere successo, probabilmente perché si ha una visione più ampia del mondo, delle diversità dei consumatori e del mercato. In poche parole, un’altra parte fondamentale della “giusta ribellione” la fa l’esperienza. Per avere successo e scardinare efficacemente le regole bisogna aver acquisito esperienza e trasformato la ribellione da “pugni sul tavolo” in una strategia per superare le regole (Mark Zuckerberg è solo l’eccezione). La vera ribellione, allora, non passa tanto dal rompere le regole, quanto dal conoscerle al punto da poter usare la nostra creatività per crearne di nuove. Chi ha per abitudine quella di andare controcorrente, di fare di testa sua oppure di scardinare decisioni già prese non ha, di solito, una buona reputazione. Famosi per complicare le cose e sovvertire l’ordine precostituito, i ribelli non sono particolarmente apprezzati da nessuna società. La ribellione analizzata dalla Gino, però, non è quella di chi distrugge l’ordine precostituito, bensì quella di chi, dopo aver analizzato e conosciuto profondamente le regole, elabora delle strategie per superarle, rendendo le proprie attività più consone a se stesso.