L'allarme di Cgil e Federconsumatori

Per "colpa" del Covid, ritardi e liste d'attesa troppo lunghe: «Non si garantisce il diritto alla salute»

Augusta Passera e Umberto Dolci: «Necessaria una riorganizzazione della sanità territoriale»

Per "colpa" del Covid, ritardi e liste d'attesa troppo lunghe: «Non si garantisce il diritto alla salute»
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L’emergenza sanitaria rischia di compromettere «il diritto alla salute» e di «far esplodere le liste d’attesa per le altre patologie». A far suonare l’allarme sono Augusta Passera, segretaria di Spi-Cgil di Bergamo, e Umberto Dolci, presidente di Federconsumatori Bergamo. «Siamo stanchi di sentirci rispondere che abbiamo una sanità d’eccellenza, che siamo fortunati ad avere un welfare che non fa pagare il ticket ai meno abbienti – sottolineano -. Vorremmo gridare: “non paghiamo il ticket ma se vogliamo curarci dobbiamo pagare la visita privata”. Il sistema sanitario nazionale a Bergamo è eccellente ma solo se si riesce a usufruirne prima che sia troppo tardi».

Se è vero infatti che l’epidemia ha messo in ginocchio la nostra provincia, è altrettanto vero che il Covid non ha cancellato le altre malattie. «Molte persone stanno rischiando la salute per le difficoltà a ricevere le prestazioni prenotate e cancellate a causa della pandemia – aggiungono -. Se poi si vuole un appuntamento per prime visite o esami si rasenta l’impossibile».

Dolci e Passera, in particolare, evidenziano la necessità di una riorganizzazione della sanità sul territorio, tanto che i cambiamenti organizzativi proposti nell’ultima Gazzetta ufficiale del 14 agosto sono giudicati come non risolutivi. «Stiamo facendo acqua da tutte le parti a danno della salute dei cittadini – commentano -. La prevenzione è diventata un sogno. Per una visita cardiologica di controllo sono necessari 13 mesi di attesa, mentre per una visita oculistica la risposta è: “non abbiamo date a disposizione”».

L’unica soluzione in questo quadro, per chi dispone delle adeguate risorse economiche, pare quindi essere quella di rivolgersi al comparto privato. «Continuiamo a ricevere segnalazioni e lamentele spesso disarmanti, alle quali non riusciamo più a dare risposte – concludono Dolci e Passera -. Addirittura un cittadino ci ha domandato “ci curano solo quando stiamo morendo?”. Tutto questo si scontra con la nostra idea di sanità per tutti. Un medico di base può mettere l’urgenza, ma giustamente un dottore serio non dichiara urgente ciò che non lo è. Tuttavia non può neppure aspettare oltre un anno per valutare la gravità del male. Da tempo ci trasciniamo il problema delle liste d’attesa, ma ora è che è esploso in tutta la sua drammaticità. Non è questo lo stato sociale di un paese civile».

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