Rotherham, le violenze sui minori insabbiate dalla polizia inglese
La città degli orrori. Così è chiamata oggi Rotherham dopo che un rapporto choc ha rivelato il protrarsi di terribili abusi e violenze sessuali su almeno 1400 minori tra il 1997 e il 2013. Fra le vittime ci sono anche bambini di 11 anni, che sarebbero stati stuprati in gruppo, malmenati, intimiditi e sequestrati. A svolgere l’indagine è stata la professoressa Alexis Jay, incaricata dalle autorità locali di fare luce sugli anni di abusi. Nelle sue ricerche ha trovato gravi responsabilità da parte della polizia e degli assistenti sociali, che non hanno fermato le violenze. Per questo motivo il partito laburista ha chiesto la rimozione di Shaun Wright, capo della polizia e del Dipartimento di Contrasto al Crimine della regione, nonché ex politico locale del Labour Party.
Chi sono le vittime. Sono soprattutto ragazzine, fra gli 11 e i 16 anni di età. Il fatto che appare più inquietante è che il numero di 1.400 vittime è solo una stima, per di più al ribasso, rispetto ai reali abusi che potrebbero essere stati compiuti nell’arco di quegli anni. I bambini venivano cosparsi di benzina e minacciati di essere dati alle fiamme, oppure venivano intimoriti con pistole e stuprati brutalmente. In alcuni casi, anche se pochi, sono stati venduti in altre città e sfruttati sessualmente. Nel rapporto di 159 pagine stilato dalla Jay, le vittime degli abusi sono segnati con le lettere dell’alfabeto. «A» ne aveva 12 quando la costrinsero ad avere rapporti sessuali con tre uomini. «B» era invece quindicenne e, testimonia, fu aggredita da un «anziano» e trascinata nelle tane dei pedofili a Bradford, a Leeds, a Sheffield. «C», undicenne, fu drogata, costretta a bere alcolici e stuprata, poi obbligata a entrare nel giro. In questo modo la lista procede fino al suo termine.
I bruti in questione. I colpevoli delle vittime non sono i padri e neppure persone di nazionalità inglese. Sarebbero membri di gang di pachistani, alle quali nel tempo si sono aggiunti anche iracheni e qualche kosovaro. Come spiega lanuovabq.it in almeno due casi, i padri di ragazzine stuprate hanno cercato di salvare le loro figlie dai carnefici, ma sono stati arrestati a loro volta: i carnefici si son fatti passare per vittime e la loro origine, evidentemente, li ha resi più credibili agli occhi degli agenti. Ci sono stati anche casi di palese intimidazione: i ragazzini non hanno denunciato i loro violentatori, perché questi minacciavano rappresaglie sui loro fratelli o sorelle minori.
La polizia ha sempre taciuto. Perché? In molti sapevano ma nessuno ha mia parlato. Le voci che arrivavano dai centri sociali raccontavano queste inspiegabili violenze, eppure nessuno ha mai mosso un dito. A cominciare dalla polizia che ha ammesso «il fallimento» nella gestione del «caso». Non hanno mai creduto, hanno detto, alle timorose ammissioni di chi cercava di denunciare. Nel 2010 cinque «predatori sessuali», così li definiva il giudice incaricato, furono condannati a lunghe pene detentive. Ma se il Times non avesse scoperto duecento documenti da cui risultava che tanto la polizia quanto le agenzie pubbliche di protezione dell’infanzia erano perfettamente a conoscenza «da almeno un decennio» di questi abusi, probabilmente tutto sarebbe ancora coperto, nascosto, dimenticato.
Il sito lanuovabq.it spiega che le autorità locali avevano paura di essere accusate di “razzismo”. «Sembra che alcuni funzionari – spiega l’indagine svolta - pensassero che si trattasse di casi eccezionali, che secondo loro non si sarebbero ripetuti. Altri erano preoccupati di riferire le origini etniche dei responsabili per paura di essere considerati razzisti; altri ancora ricordano invece di aver ricevuto chiare istruzioni di non farlo da parte dei propri dirigenti».