Sacbo compie cinquant'anni, breve storia di un prodigio (alla faccia dei milanesi)
Una partenza in salita, poi lo sviluppo inarrestabile fino a quasi 14 milioni di passeggeri. La grande svolta con Ilario Testa che disse sì ai voli low cost
di Paolo Aresi
Sono giorni duri per l’aeroporto di Orio al Serio. Il grande scalo bergamasco, protagonista di una corsa folle dopo il 2002, meglio dell’Atalanta, ora deve fare i conti con una frenata brusca, improvvisa, che nessuno poteva prevedere. E lo scalo da tredici milioni di passeggeri si ritrova così, improvvisamente, ributtato indietro negli anni. Con una differenza: le infrastrutture e le responsabilità sociali. Oggi Orio dispone di luoghi ed edifici diversi rispetto a vent’anni fa. E l’economia della città, ma anche della provincia, appare in buona misura legata alle fortune dello scalo. È soprattutto grazie al boom dell’aeroporto che Bergamo ha conosciuto una crescita costante del turismo in questi anni. È grazie a Orio che Città Alta si è riempita di visitatori, come un uovo. È grazie a Orio che sono spuntati bed & breakfast come funghi. Si è messa in moto una nuova economia. Insieme all’università, l’aeroporto è diventato un nuovo motore di sviluppo della città. Crisi dell’aeroporto significa crisi dello sviluppo per Bergamo.
Nato per scopi militari
Le cose non sono sempre andate così. Lo scalo era nato con scopi militari nel 1937; Bergamo già ospitava a Ponte San Pietro un aeroporto, legato alla società Caproni che costruiva aeroplani. La base di Orio aveva senso probabilmente per ragioni strategiche: il nemico puntava sulla Caproni di Ponte San Pietro, non immaginava l’esistenza di un altro scalo a soli otto chilometri di distanza. Bergamo aveva una certa tradizione in campo aviatorio: il primo aereo decollò nel 1911 nel pratone della Rasica di Osio Sotto, costruito dal meccanico ciclista Minotti. Dopo la Seconda guerra mondiale, si pensò allo sviluppo di un aeroporto civile. Nel 1949 venne istituito un comitato formato da banche e industriali, con l’appoggio del mondo politico, per dotare la città di uno scalo. Le cose procedettero a rilento fino a quando, il 16 luglio del 1970, nacque la Sacbo, ovvero la Società per l’Aeroporto Civile di Bergamo Orio al Serio.
In principio fu l’Itavia
Ma la nascita dello scalo bergamasco non era vista di buon occhio dai cugini milanesi e in particolare dalla Sea che gestiva l’aeroporto di Linate, allora il più importante d’Italia con Fiumicino. Nonostante la ferma opposizione meneghina, il mondo politico e imprenditoriale strappò la possibilità di avviare lo scalo civile. Si cominciò con la compagnia aerea Itavia, il primo volo avvenne il 21 marzo 1972, da Orio a Roma-Ciampino. Era qualcosa, un inizio. Seguirono collegamenti con altre città italiane, con Catania, Crotone, Napoli... Non fu precisamente un successo, si oscillava fra i 2-300 mila viaggiatori all’anno. Era ancora il tempo del Jet Set, cioè del volo aereo inteso come privilegio per individui e famiglie benestanti: i biglietti aerei costavano molto cari. Le cose iniziarono a cambiare anche in Italia negli anni Ottanta, ma per vedere l’affermazione del mercato aereo “Low cost” bisogna aspettare gli anni Novanta. Nel frattempo, la Sea, la società che gestiva Linate e poi anche Malpensa, era entrata in Sacbo arrivando a detenere il 49,98 per cento delle azioni. Ma i soci bergamaschi su quei due centesimi fissarono la loro linea del Piave: i milanesi non riuscirono mai ad avere la maggioranza, sebbene in più di un’occasione si siano trovati a un pelo dal colpaccio.
Il generale Ilario Testa
E per Bergamo fu una fortuna. Quella linea del Piave venne organizzata dal presidente Ilario Testa, che era già stato amministratore delegato della Dalmine, uomo di poco forbite parole, ma concreto e intuitivo. E un signore. L’aeroporto a fine anni Novanta veleggiava sui 500 mila passeggeri, ma era diventato lo scalo più importante d’Italia per il traffico dei pacchi e pacchetti. Dhl e soci, per esempio. Un primo segno delle potenzialità arrivò con la chiusura temporanea di Linate per lavori: Orio superò il milione di passeggeri. Nel frattempo, in seno alla Sacbo si era acceso il dibattito: low cost sì o low cost no? All’inizio prevalse il no, soprattutto per l’incertezza. (...)