Lotta alle "zampe di gallina"

«Scrivete le ricette in stampatello!» Il ministero bacchetta i medici

«Scrivete le ricette in stampatello!» Il ministero bacchetta i medici
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«Dovete scrivere meglio». La strana raccomandazione è partita dalla Direzione generale della programmazione sanitaria del ministero alla Salute ed è stata inviata alle Regioni perché intervengano presso tutti i medici, da quelli ospedalieri a quelli di famiglia e pediatri.

Il problema sono le ricette, che troppe volte risultano indecifrabili proprio per la pessima scrittura (e la fretta) dei medici. Quante volte ci siamo trovati tra le mani una ricetta senza capire cosa ci sia scritto sopra: alla complicazione del nome di tante medicine, si aggiunge una grafia “da zampa di gallina”, incomprensibile non solo al semplice paziente ma anche allo stesso farmacista, che pur ha più familiarità con questi prodotti e questa materia.

 

 

«Gli errori conseguenti all'uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli possono interessare tutte le fasi di gestione del farmaco in ospedale e sul territorio», si legge nella raccomandazione ministeriale. «Una brutta grafia, ad esempio, può rendere difficile la comprensione di una prescrizione e causare errori nella dispensazione di una terapia farmacologica». Non è un dettaglio perché una ricetta scritta male e quindi letta in modo sbagliato può portare a errori nella cura: un problema che non è solo italiano visto che una ricerca statunitense rivela che il 4,7 per cento dei 643.151 errori riferiti, tra il 2004 e il 2006, da 682 strutture sanitarie negli Usa, sono imputabili in particolare a uso di abbreviazioni che vengono interpretate in modo sbagliato.

Per quanto riguarda le sigle, la Raccomandazione ministeriale spiega che «risulta fondamentale, al fine di prevenire gli errori in terapia, che medici, farmacisti e infermieri adottino un linguaggio comune e possano ricorrere ad abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli “standardizzati”». I suggerimenti sono poi molto concreti, quasi “scolastici”. Ad esempio: lasciare uno spazio tra il nome del medicinale e il dosaggio, in particolare per i quei nomi di farmaci che finiscono con la “l”. Usare numeri romani e non arabi. Non mettere lo zero dopo la virgola per le dosi espresse in numeri interi. In particolare, la raccomandazione più innovativa è quella dove si dice che «in caso di scrittura a mano è necessario usare lo stampatello». Poi c’è il suggerimento di non essere generici nella posologia, perché prendere una medicina due volte al giorno è diverso dal prescrivere un’assunzione ogni 12 ore: e nel caso degli antibiotici non è un dettaglio da poco. Anche le vecchie indicazioni posologiche riferite al “cucchiaino” vanno archiviate per lasciare il posto a quantità indicate in numeri con precisione. Insomma se tutto va come il ministero auspica le vecchie ricette sono destinate ad andare in pensione.

 

 

Sono regole sulle quali dovrà allinearsi anche il sindaco medico di Santa Lucia di Piave, Riccardo Szusmki, che agli autoctoni scrive le ricette in veneto. «In lingua veneta, da non confondere con il dialetto. È una lingua che se in farmacia non capiscono, comunque, mi possono chiamare e io traduco».

Una complicazione ulteriore? Nient’affatto spiega Szusmki. La ricetta in dialetto tira su il morale dei pazienti, forse perché produce un effetto placebo...
Se volete saperne di più sulla Raccomandazione ministeriale QUI potete leggerla per intero.

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