Se non volete essere scorbutici mi raccomando, dormite bene
Farsi cullare dolcemente dalle braccia di Morfeo non basta, ahinoi, per risvegliarci tonici, riposati e felici. Per raggiungere la meta di una giornata all’insegna del buon umore, occorre abbandonarsi completamente a quell’abbraccio almeno per otto ore filate e profonde. Ciò significa riuscire a riposare senza che il sonno sia interrotto da pause notturne di qualsiasi natura. Ad asserirlo è uno studio della Johns Hopkins Medicine di Baltimora, negli Stati Uniti, pubblicato sulla rivista Sleep.
Umore nero. Se il capo arriva in ufficio di pessimo umore e con il broncio, forse una ragione c’è. Può essere che sia andato in bianco, ma potrebbe semplicemente aver dormito poco, e per poco intendiamo meno di quattro ore, oppure aver dormito le canoniche otto ore ma interrotte da continui microrisvegli. Entrambe le ipotesi portano alla stessa conseguenza: un umore nero. Irritato, torvo, da prendere con le molle. Insomma, quattro ore in più di buon sonno possono fare una grande differenza. Lo ha dimostrato lo studio americano sopracitato, da cui sono emerse chiare evidenze (seppur su piccoli numeri). I ricercatori hanno coinvolto nel loro esperimento 62 adulti sani, di entrambi i sessi, che sono stati poi suddivisi in tre gruppi. Il primo, il più sfortunato, passava notti tormentate da frequenti interruzioni del sonno; il secondo veniva mandato a letto tardi mentre all’ultimo venivano concesse ore di sonno illimitato.
Ad interessare i ricercatori non era solo la quantità di sonno, ma anche la sua qualità, misurata con un apposito esame, la polisonnografia, capace di rilevare anche sottili differenze nel riposo di diversi soggetti. I risultati non hanno lasciato dubbi: il terzo gruppo si svegliava sempre sereno e fresco come una rosa, mentre a farne le spese, soprattutto dal punto di vista dell’umore, sono stati gli altri due gruppi, e già dopo poche notti. Dopo la prima notte in bianco o tormentata le differenze tra i due gruppi erano praticamente inesistenti, ma già la seconda difficile nottata ha messo in luce, attraverso un apposito test/questionario, forti differenze. Nello specifico è stata riscontrata una riduzione del tono dell’umore, e dunque degli stati d’animo positivi, del 12 percento fra i "tiratardi" e valori più che raddoppiati, con punte anche del 31 percento di pessimo umore, fra i soggetti con risvegli forzati.
Il sonno a onde lente. Una correlazione fra sonno interrotto (peggiore perfino delle ore di sonno scarso) e lo stato di umore, dunque, c’è e si pensa possa essere imputabile al "sonno ad onde lente", cioè quello più profondo, possibile solo per periodi molto brevi quando il sonno è disturbato. Minore è il "sonno ad onde lente", quindi, maggiore sono le possibilità di svegliarci con l'umore nero. Con ricadute su diversi ambiti: dalla stanchezza fisica alla riduzione di energia generale, passando per il peggioramento dei sentimenti di simpatia e cordialità. Una condizione, quella dello scarso sonno a onde lente, da cui nessuno è escluso ma che può verificarsi soprattutto, dicono gli esperti, fra i neogenitori, chi lavora su reperibilità o in turnistica e fra chi soffre di insonnia.
Meglio dormire a lungo e bene. Sono queste le conclusioni a cui è giunto anche un altro studio, israeliano in questo caso, secondo cui dormire otto ore con sonno frammentato avrebbe le stesse conseguenze sull'umore e sulla capacità di concentrazione di sole quattro ore di sono a notte. Tutto il contrario invece per gli anziani, almeno in termini di prestazioni cognitive: una ricerca dell'Università di Pittsburgh ha dimostrato che la mente negli anni d’argento è meno attiva quando il sonno è lungo ma interrotto rispetto a quanto accade quando il sonno è breve ma continuo, situazione che invece porta a prestazioni intellettive migliori. Insomma, del sonno proprio non se ne può fare a meno, ma la raccomandazione è che sia soprattutto buono.