Nel vortice

Quelli che si giocano la vita alle slot machines (un dramma)

Quelli che si giocano la vita alle slot machines (un dramma)
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Sono le 21 di un lunedì qualsiasi al Patronato San Vincenzo. Come tutti i lunedì, qui si riunisce il gruppo di auto-mutuo-aiuto che affronta il problema del gioco d’azzardo patologico. Il gruppo, come tutti gli altri presenti sul territorio della provincia, basa il proprio intervento sull’importanza di confrontare le proprie esperienze e sofferenze di dipendenza per sostenere il cambiamento.

 

 

Non dovere ma volere. Questa sera però è una serata speciale. C’è una premiazione. Uno dei partecipanti oggi ha raggiunto un obbiettivo importante: un anno di astinenza dal gioco. Il gruppo, composto da giocatori, accompagnatori e coordinatori, prende posto nella saletta, il brusio cessa e un capogruppo consegna il diploma che attesta il faticoso percorso verso la liberazione dalla schiavitù del gioco. È emozionato, il premiato, mentre legge la motivazione nella pergamena, ma lo sono anche tutti i partecipanti, lo si legge nei loro occhi. Il successo di oggi è un successo di tutti perché per ogni giocatore che vuole sconfiggere la sua dipendenza dal gioco d’azzardo è fondamentale il supporto del gruppo. «Voglio sottolineare i punti essenziali del mio percorso - commenta il premiato -: il sostegno di mia moglie e l’aiuto del gruppo. La parola chiave di questo mio lavoro è stata non “dovere”, ma “volere” smettere di giocare. Una volontà che mi ha permesso di ritornare alla vita vera». La premiazione è finita, le sedie vengono messe in circolo e si comincia.

I giorni di astinenza. Ogni gruppo viene coordinato da un”facilitatore” che aiuta lo scambio di esperienze e commenti tra i partecipanti. Per entrare in un gruppo basta prendere contatti telefonici con il coordinatore che poi fissa un incontro per comprendere peculiarità ed esigenze del soggetto e decidere qual è il gruppo più idoneo ad accoglierlo. I partecipanti, uno dopo l'altro, proclamano a voce alta il numero di giorni di astinenza rispetto all’incontro precedente. La settimana è andata bene, nessuno ha avuto ricadute. Si scherza e si parla del più e del meno. Intanto si fa anche il conto complessivo dei giorni totali di astinenza. Sono in molti a essere vicini a un traguardo significativo: un anno di astensione da qualsiasi forma di gioco. «È uno dei momenti più delicati - sottolinea uno dei presenti -: quando pensi di avercela fatta, abbassi la guardia e hai una ricaduta. A me è successo proprio cosi».

 

 

Risucchiato per sette anni. Si entra ne vivo della discussione. I partecipanti sono una decina. Ognuno si presenta e racconta la sua esperienza e le difficoltà che sta affrontando, tutte derivate dal periodo in cui era succube del gioco. Le storie si susseguono, hanno delle costanti ma sono tutte diverse. C’è chi ormai ha smesso da tanti anni ma si sente ancora un “giocatore”, chi ha perso la casa e la famiglia e vive al Patronato, chi ha vissuto in macchina, chi non vede il proprio figlio da mesi. I motivi che spingono a giocare sono per ognuno diversi, solitamente si comincia per caso o per curiosità e poi si resta invischiati nella rete del gioco. «Ho giocato in maniera distruttiva per sette anni - racconta uno degli ultimi arrivati nel gruppo -. Frequentavo il bar con gli amici e con loro giocavo a carte. Ma niente scommesse, solo una partita a scopa o a briscola per passare il tempo. Poi sono arrivate le slot machine. Ho provato per curiosità e sono stato risucchiato dal vortice del gioco».

Ricostruire la personalità. Quella del gioco d'azzardo è una realtà troppe volte sottovalutata. Una dipendenza che non viene ancora percepita come una vera e propria patologia ma che lo è a tutti gli effetti. «Per uscirne - spiega uno degli operatori del gruppo - bisogna intraprendere un percorso lungo e...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 10 del BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 21 febbraio. In versione digitale, qui.

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