Un'indagine su 126 studenti

Chi si preoccupa è più intelligente Lo assicurano gli scienziati

Chi si preoccupa è più intelligente Lo assicurano gli scienziati
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Le paturnie mentali non sono mai state viste di buon occhio. Anzi. Chi se le fa, poi, alla lunga viene tenuto a distanza, perché chi non preferisce la compagnia di una persona allegra? Ma per la prima categoria, quella dei cervellotici meditabondi, sembrerebbe arrivato il momento del riscatto. Infatti, secondo un recente studio della Lakehead University dell'Ontario, in Canada, e di prossima uscita sulla rivista Personality and Individual Differences, la tendenza a preoccuparsi delle cose potrebbe essere un segno di maggiore intelligenza. O meglio di un particolare tipo di intelligenza, quella verbale in particolare, che porterebbe a sviluppare alcune facoltà come la memoria, rispetto ad altre che restano più assopite.

La ricerca intelligente. Cavie per questo studio sulle facoltà cerebrali sono stati 126 studenti non ancora laureati, che i ricercatori hanno interrogato con una serie di sondaggi che avevano un duplice scopo. Da un lato investigare la loro intelligenza qualitativa (ovvero la prevalenza di una determinata caratteristica rispetto ad un’altra) più che quantitativa, e dall’altro capire quanto le differenti fisionomie intellettuali potessero poi influire sulla modalità di reazione ai diversi eventi stressanti della vita. Proprio per rispondere a quest’ultimo aspetto, una delle domande clou del questionario era proprio «Io sono sempre preoccupato per qualcosa…?», che è servita poi da moto conduttore per tutta l’indagine. Dopo avere analizzato risposte e atteggiamenti, il gruppo di ricercatori è arrivato a stabilire che tutti siamo dotati di intelligenza (e ci mancherebbe altro!) ma che coloro che trovano in ogni cosa un motivo di preoccupazione, hanno un ben definito tipo di intelligenza: quella verbale.

 

 

La novità. Lo studio canadese non è certamente il primo ad avere stabilito una correlazione tra intelligenza e preoccupazione, ma la novità sta nella tipizzazione dell’intelligenza. Arrivando quindi a dire che la verbale è anche la più ansiogena in quanto, più delle altre, porterebbe a prendere in considerazione eventi passati e futuri valutandone, scandagliandone e memorizzandone poi più attentamente i dettagli e le implicazioni. Fatto che, quindi, indurrebbe a un grado di preoccupazione e riflessione più intensa.

Di contro, gli individui dotati di intelligenza non-verbale sarebbero più esposti ai segnali del momento nei quali si imbattono o anche più sensibili agli incontri e alle persone con le quali interagiscono. Questo significa, in buona sostanza, che la maggior attenzione all’attimo fuggente, riduce il bisogno di rivangare gli eventi nella testa e quindi la necessità di rielaborare i passati incontri o le occasioni sociali.

Le altre abilità dell’intelligenza verbale. Non è dunque un caso che, come già suggerisce la tipologia di intelligenza, chi possiede quella verbale abbia maggiore propensione a sviluppare alcune abilità, che hanno in qualche modo attinenza con la facoltà di parola o di elaborazione del pensiero. Infatti sul piano pratico e funzionale, l’intelligenza verbale si concretizzerebbe soprattutto nell’abilità di giostrare le lettere dell’alfabeto, in una elevata capacità lessicale o anche nella facilità di esposizione orale e nella comprensione di messaggi vocali.

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