Non dimentichiamo il passato

Ma come si può fischiare questa grande Atalanta?

Ma come si può fischiare questa grande Atalanta?

L’Atalanta sta vivendo qualcosa di magico. Siamo alla terza stagione di delirio emozionale collettivo, Gasperini e i suoi ragazzi stanno scrivendo pagine indelebili di storia nerazzurro e noi tutti ne siamo partecipi. Domenica scorsa con la Spal, però, è successo qualcosa che hanno notato in pochi ma che non deve assolutamente passare sotto traccia. Una cosa che, francamente, è difficile capire. Dopo l’errore di Toloi e il conseguente angolo da cui è arrivato il vantaggio di Petagna, qualcuno ha fischiato. Avete letto bene: qualcuno ha fischiato. Premesso che siamo in democrazia e che ognuno è libero di fare quello che vuole assumendosene poi tutte le responsabilità, c’è una cosa che non si può ignorare: fischiare l’Atalanta di oggi per pochi minuti di “black out” è incomprensibile, oltre che insensato. Perché le partite durano novanta minuti più recupero e i giudizi si danno alla fine, ma soprattutto perché non bisogna mai dimenticarsi da dove veniamo. Nei momenti difficili come in quelli esaltanti. Proprio a tal proposito, ci è arrivata una lettera bellissima. Enrico Vitali è un tifoso come tanti che sta vivendo emozioni incredibili, ma ha sentito il bisogno di mettere nero su bianco alcuni pensieri che, a nostro parere, rappresentano la ricetta migliore per vivere senza ansie le prossime settimane. Siamo e saremo tutti coinvolti in qualcosa di magico. Ora leggete le sue parole e ascoltate il vostro cuore. Enrico racconta di quando lui e papà vagavano per i campi sperduti della Serie C ed è il modo migliore per assaporare ogni metro del viaggio che stiamo facendo oggi. Senza preoccuparsi minimamente della destinazione.

 

 

«Ricordiamoci da dove veniamo. In questi giorni mi sono sorpreso a ripensare a quando, tanti anni fa – ero ragazzino -, mio padre mi portò in trasferta a vedere l’Atalanta a Sant’Angelo Lodigiano. Mi pare che pareggiammo. E poi, alcuni mesi dopo, a Rho, e lì sono certo che perdemmo 1 a 0, anche se qualche tempo più tardi festeggiammo il ritorno in Serie B. C’erano Marino Magrin, Lino Mutti, Snidaro e Magnocavallo, che era il mio preferito. Erano i primi Anni Ottanta e l’Atalanta era ripartita dal punto più basso della sua storia, con la Curva che cantava “Bortolotti tira fuori i soldi”, mentre Achille lasciava il posto a Cesare.

Poi arrivarono gli anni di Nedo Sonetti, Mondonico, Stromberg, Caniggia ed Evair; poi Ganz, Pippo Inzaghi, Doni. Attraverso la perdita dolorosa di Cesare, la comparsa di Percassi, Ivan Ruggeri e ancora Percassi. La semifinale di coppa con il Malines, Aldone Cantarutti, le radiocronache di Corbani alla domenica pomeriggio. Quanti anni. Certo che adesso che siamo a pochi punti dalla zona Champions sono sicuro di una cosa: molti di noi non sanno da dove veniamo. Ed è importante sottolinearlo. Forse perché Sant’Angelo Lodigiano non sanno neanche…

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 21 del BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 21 febbraio. In versione digitale, qui.