La richiesta alle Regioni

Come si vuole cambiare la caccia

Come si vuole cambiare la caccia
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Pensava di sparare a un cinghiale, invece ha preso in pieno un ragazzo che stava portano i suoi cani nel bosco. È accaduto ieri ad Apricale, nei pressi di Imperia. Nathan Labolani, 19 anni, ha perso la vita colpito da un cacciatore del posto di 29 anni. È un caso che ha fatto riesplodere le polemiche sulla caccia, convincendo il ministro dell’Ambiente Sergio Costa a uscire allo scoperto e a lanciare una prima proposta di restrizione: «Dobbiamo indurre le Regioni a cancellare la domenica dal calendario venatorio». Sono infatti le Regioni - in autonomia - a dover decidere i calendari della caccia. «La cosa più pericolosa - ha spiegato Costa -, sono proprio le battute di caccia, e particolarmente le battute di caccia al cinghiale: i cacciatori tendono a sparare quando vedono qualcosa muoversi». Cambiare la legge che regolamenta la caccia è iter lungo, invece «le Regioni se vogliono possono proibire subito di sparare durante le battute di caccia la domenica, già domenica prossima. Ed evitare altre tragedie», ha detto Costa. Secondo il presidente dell’associazione vittime della caccia, Maurizio Giulianelli, nel corso delle ultime undici stagioni venatorie si sono contati 217 morti, di cui 14 bambini, e 804 feriti.

 

 

La legge che regolamenta «il prelievo venatorio» è una legge quadro del 1992. L’articolo 1, comma 1, recita così: «La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale». Il titolo intero della legge, infatti recita: «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio». A dispetto di queste parole, secondo le associazioni anti caccia, ogni anno in Italia sarebbero 400-500 milioni gli animali selvatici all’anno uccisi nella stagione venatoria. Proprio per questo in Parlamento sono depositati diversi disegni di legge per modificare l’attuale normativa della caccia; tutte sono in termini restrittivi, come ha in testa anche il ministro Costa. Suo fronte animalista in prima fila c’è la Lipu, Lega per la protezione degli uccelli, che ha lanciato delle proposte per restringere il tempo della stagione venatoria. «L’apertura - dicono - va posticipata quantomeno al primo ottobre, per evitare che i cacciatori sparino nei boschi in un mese, quello settembrino, particolarmente frequentato da turisti, escursionisti, famiglie». Inoltre la Lipu dice che «un incremento delle misure di sicurezza è indispensabile anche per la caccia in generale, a partire dall'aumento della distanza di sparo dalle abitazioni, visto il grande disturbo e i rischi comportati e vista la crescente protesta dei cittadini».

 

[Il ministro dell'Ambiente Sergio Costa]

 

Tuttavia, in prima fila nella battaglia anticaccia non c’è un esponente ambientalista ma una deputata di Forza Italia, Vittoria Brambilla, che sul tema animalista ha costruito buona parte della sua fortuna elettorale. Brambilla è anche presidente dell’intergruppo parlamentare sugli animali che raccoglie esponenti di diversi gruppi politici. Obiettivo dell’intergruppo è l’abolizione dell’articolo 842 del Codice civile secondo cui il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l’esercizio della caccia. «È una norma scritta nel lontano 1942, oggi inaccettabile», dice Brambilla. Non c’è solo l’obiettivo del divieto di ingresso nei fondi altrui, che fu oggetto di un referendum del 1997 che ricevette una netta maggioranza di "sì" ma fu invalidato per il mancato raggiungimento del quorum. Tra le altre norme che Brambilla propone di inserire c’è il raddoppio delle distanze di sicurezza dalle abitazioni oltre al divieto di sparare la domenica, rilanciato ieri dal ministro Costa.

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