Inchiesta

Lavoratori minacciati e sfruttati: coop del gruppo Sicuritalia accusata di caporalato

Poco più di cinque euro all'ora, vessazioni e intimidazioni all'interno della società di vigilanza privata: è quanto emerso dalle testimonianze

Lavoratori minacciati e sfruttati: coop del gruppo Sicuritalia accusata di caporalato
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Blitz alla cooperativa Servizi Fiduciari, parte della gruppo Sicuritalia. L'azienda di vigilanza privata, che tra i suoi centomila clienti in tutta Italia ne conta diversi anche in provincia di Bergamo, è finita al centro di un'inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Como e coordinata dal pm di Milano Paolo Storari, con l'accusa di caporalato e l'ipotesi di reato sfruttamento del lavoro.

Elemento portante dell'intera vicenda il fattore economico, ma anche condizioni lavorative non idonee, come testimoniato dai circa cento ex lavoratori sentiti dagli investigatori nell'ambito dell'inchiesta. Come riporta il Corriere Bergamo, dalle indagini è infatti emerso che la paga oraria dei dipendenti della cooperativa (ben diciassettemila) superava di poco i cinque euro, con una retribuzione mensile netta di 650 euro (930 lordi).

Oltre al salario, gli ex dipendenti avrebbero raccontato di «situazioni di profondo disagio, a voler adoperare un eufemismo, legate all’impiego di postazioni di lavoro contraddistinte da pericolosità ambientale», con minacce, vessazioni e intimidazioni. Tra i "grandi clienti" bergamaschi figurano l'ospedale Papa Giovanni XXIII, Oriocenter, l'aeroporto di Orio al Serio e diversi marchi della grande distribuzione organizzata.

«Pur di non perdere il posto, costretta a rientrare dalla malattia»

Il quotidiano riporta l'esempio di una lavoratrice che ha prestato servizio in una stazione di rifornimento vicino Assago. La donna, oltre a dover lavorare all'interno di «un gabbiotto di dimensioni ridotte, privo di finestre e di sporcizia procurata dai gas di scarico», aveva tra le sue mansioni quella di misurare ogni fine mese la quantità di carburante all'interno delle cisterne. Operazione che effettuava, stando alle testimonianze, senza adeguati dispositivi di protezione né una idonea formazione.

La lavoratrice avrebbe quindi iniziato a manifestare problemi di salute, sviluppando allergie per l'esposizione agli idrocarburi. Lì sarebbero iniziate le minacce: «Se non fossi rientrata al distributore, mi hanno detto che avrei potuto rimanere a casa. Pur di non perdere il posto di lavoro mi sono trovata costretta a rientrare dal periodo di malattia».

Dopo essere stata visitata a Bergamo da un medico del lavoro della Servizi Fiduciari, che ha rilasciato apposito certificato con divieto di impiego presso le stazioni di servizio, lo stesso avrebbe cercato di farla desistere dall'avviare un contenzioso con l'azienda, con la promessa di una collocazione idonea. Che però non è mai arrivata, costringendola in una rotazione senza fine tra poliambulatori e centri commerciali.

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