Siria, i ribelli se ne vanno da Homs Prove generali di accordi con Assad
Dalla “roccaforte della rivoluzione”, Homs, anche gli ultimi ribelli se ne stanno andando. La città è tornata sotto il controllo governativo, e Assad può dire di aver segnato un punto importante nella riconquista del Paese. Il quartiere di Waer, da cui decine di ribelli siriani da ieri hanno cominciato a partire, rappresentava l’ultimo baluardo antigovernativo ma grazie alla mediazione dell’Onu, Qatar e Iran, i ribelli hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco con l’esercito di Assad, per poi lasciare la città al controllo di Damasco. L’accordo prevede il ritiro dei ribelli e il conseguente rientro della polizia siriana in cambio di amnistia, liberazione di 35 prigionieri, fine dell’assedio.
Città simbolo oggi cumulo di macerie. Homs sorge più o meno a metà strada tra Aleppo e Damasco, nella valle dell’Oronte, il fiume che bagna verticalmente la Siria e congiunge idealmente le sue due città- simbolo. La città era il luogo da cui nel 2011 erano partite alcune tra le prime proteste contro il presidente Bashar al Assad, represse nel sangue. Oggi la città, che prima della guerra contava 800mila abitanti, è un cumulo di macerie dove sono rimasti a vivere appena 75mila persone. Homs è un punto strategico oltre che centro nevralgico: qui passa l’autostrada che collega Aleppo con Damasco, strada importante sia per lo spostamento delle truppe sia per la difesa di tutta la fascia occidentale siriana, in gergo conosciuta con il termine “Alawistan” (mutuandolo dal nome della minoranza alawita cui appartiene Assad). Dal confine con il Libano corre fino a nord includendo la zona costiera, dove sono le roccaforti russe di Latakia e Tartous, fino alla frontiera settentrionale con la Turchia.
Quanti sono i ribelli in fuga. Si stima che saranno circa 2mila le persone che lasceranno la città in questi giorni: per ora, se ne sono andati già 320 uomini armati e 400 loro famigliari. I ribelli in fuga, tra cui figurano molti combattenti del fronte al Nusra e altrettanti simpatizzanti dell’Isis, sono diretti a nord, nelle province di Hama e Idlib, quest’ultima sotto il controllo dell’Esercito della Conquista, un gruppo ribelle alleato con i qaedisti. Ma ci sono anche molti civili, tra cui donne e bambini.
Mideast Syria
Mideast Syria
Mideast Syria
Mideast Syria
Mideast Syria
Mideast Syria Abandoned Homs
Mideast Syria Abandoned Homs
Mideast Syria Abandoned Homs
Voglia di ricominciare. Fiaccata da quattro anni e mezzo di battaglie, stragi e carestie, Homs, la città che diede i natali a Zenobia di Palmira, ha voglia di tornare a vivere. Ma si tratta di un difficilissimo ritorno alla normalità, in particolare nel quartiere Waer, che le forze fedeli al presidente Assad assediavano dal 2012, impedendo alla popolazione civile l’accesso al cibo e altri beni di prima necessità. Solo dopo il raggiungimento dell’accordo, che oltre al cessate il fuoco prevede che i feriti possano lasciare la zona e ricevere cure mediche adeguate, è stato creato un corridoio umanitario per permettere alle organizzazioni di raggiungere la zona con cibo e aiuti.
Paradigma per il Paese? Ora rimane da vedere se quello che sta accadendo in questa città, una delle più martoriate dalla guerra civile, possa diventare un modello da testare per una possibile soluzione al conflitto che sta distruggendo l’intero Paese. Sono infatti in tanti a sperare che questo genere di accordo, siglato a livello locale, possa essere replicato in altre zone della Siria in modo da arrivare alla creazione di “zone di pace”, che contribuiscano alla formazione di un governo di transizione. Già a maggio 2014 si era raggiunto un primo accordo per Homs, ma il cessate il fuoco non ha retto.
L’aiuto russo. E non è da mettere in disparte, nell'analisi del passo compiuto ora ad Homs, il ruolo giocato dai caccia russi. La città, infatti, è quella su cui si è abbattuta la prima pioggia di fuoco scatenata dai raid aerei del Cremlino. Oggi Mosca, stando a quanto riferiscono alcuni media, pare stia ampliando la base aerea di Shaaryat, a 40 km a sud-est da qui, forse per intensificare i propri raid nella Siria centrale. I lavori che stanno interessando l’area, con la costruzione di fortificazioni e nuove piste di decollo/atterraggio, potrebbero trasformare Shaaryat nella seconda base aerea russa in Siria, dopo Latakia.