Situazione sotto controllo e indice Rt all'1,1%: Bergamo spera nella zona arancione
Il 20 novembre scadono i quindici giorni della zona rossa e il Ministero può prorogare la restrizione o valutare altre misure. In quest'ultimo caso, la nostra provincia ha una situazione tale da farla ben sperare (ma sarà dura)
Venerdì 20 novembre "scade" il primo termine per la zona rossa in Lombardia. In altre parole, il Ministero della Salute, in accordo (almeno in teoria) con la Regione e dopo la valutazione di Comitato tecnico-scientifico e Istituto superiore di sanità, potrebbe prevedere un allenamento della morsa delle restrizioni attualmente in vigore e introdotto con il Dpcm dello scorso 5 novembre, oppure prorogare le limitazioni per altri quindici giorni. Tra le valutazioni, c'è anche quella di prevedere misure restrittive diverse per le singole province.
Sin dall'entrata in vigore della zona rossa in Lombardia, Bergamo (così come altri territori, tra cui Brescia) sta chiedendo si poter diventare zona arancione dato che la situazione dei contagi non è così grave come per Milano, Monza o Varese. Un'attenuazione delle misure in vigore che permetterebbe, ad esempio, ai negozi di restare aperti. In questi primi dieci giorni di zona rossa, la situazione del contagio nella nostra provincia è rimasta abbastanza stabile. I ricoveri, infatti, sono sì aumentati, ma anche e soprattutto perché i nostri presidi ospedalieri stanno giustamente aiutando le province attigue più in difficoltà. L'indice Rt (che misura il tasso di contagiosità), invece, è sceso all'1,1 per cento. Un dato decisamente rincuorante, reso noto dal dottor Marco Rizzi, direttore di Malattie Infettive del Papa Giovanni.
Stando a questi numeri, dunque, Bergamo potrebbe legittimamente ambire a un'attenuazione delle misure in vigore. Ma, in realtà, non è così scontato. Anzi, è molto probabile che il Ministero opti per una valutazione complessiva regionale e non ultra-territoriale e dunque riconfermi la zona rossa per ulteriori quindici giorni. Anche perché gli indicatori da prendere in considerazione per compiere la valutazione, come ha spiegato l'Iss, sono ben 21. Questi, come ha spiegato Il Post, sono suddivisi in tre ambiti. Il primo misura la capacità di raccolta dati delle singole regioni; il secondo si riferisce alla capacità di testare tutti i casi sospetti e la possibilità di garantire adeguate risorse per contact tracing, isolamento e quarantena; il terzo ambito contempla infine la tenuta dei servizi sanitari e il monitoraggio della trasmissione del contagio attraverso i dati della Protezione civile (ovvero quelli regionali).
Tutti i dati raccolti seguendo questo schema, vengono poi analizzati da due algoritmi di valutazione, che a loro volta generano una matrice del rischio. In altre parole, attraverso questo calcolo si determina la probabilità che il quadro sanitario complessivo peggiori, e in quanto tempo. Ed è così che si calcolano anche gli scenari di rischio e, dunque, si decidono le misure da porre in atto nelle diverse zone d'Italia. Si tratta di indicatori specifici, basati su una mole di dati enorme che, spesso, purtroppo dalle Regioni non vengono forniti al Ministero con la dovuta precisione. Questo rende difficile immaginare che, sulla base di questi stessi dati, si possa fare una differenziazione provinciale delle misure. Ma nulla è impossibile. E Bergamo spera.