La rivelazione di Noi Denunceremo: scoperta la bozza di un piano pandemico del 2019
Il comitato è entrato in possesso di una comunicazione del Ministero della Salute scritta ad aprile del 2019 chiamata “Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale”. Depositata in Procura una memoria scritta contenente questo e altri documenti
«Le istituzioni hanno sempre detto che l’Italia aveva un piano pandemico aggiornato al 2017. Tenendo conto che un piano pandemico non basta scriverlo sulla carta per renderlo efficace, servono almeno 12 o 18 mesi per verificare eventuali criticità e falle e, nel caso porvi rimedio, allora che motivo c’era di scrivere una bozza nel 2019 per prepararne uno nuovo?». Se lo domandano Luca e Stefano Fusco, rispettivamente presidente e vicepresidente del comitato Noi Denunceremo che raccoglie i familiari delle vittime del Covid, entrati in possesso della bozza di una comunicazione del Ministero della Salute scritta ad aprile del 2019 e chiamata “Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale”.
«La lettura di questa sessantina di pagine ci ha fatto sorgere alcune domande alle quali gradiremmo avere una risposta – spiega Stefano Fusco -. Temiamo che il piano pandemico del 2017 non sia nient’altro che un copia e incolla reiterato negli anni di quello del 2006. Tanto che nel documento di due anni fa c’è un riferimento ad una scorta di 170 mila dosi di antivirali che avrebbero dovuto essere consegnate alla fine del 2006. Secondo noi non si sono presi neanche la briga di modificare i dati per aggiornarli di anno in anno. Ci chiediamo se qualcuno al ministero non si sia accorto che negli anni non era stato fatto nulla e che nessuno aveva messo mano ad un piano pandemico rimasto cristallizzato per 15 anni».
Questo nuovo documento, inoltre, non sarebbe nient’altro che una trascrizione delle linee guida date dall’Oms ai singoli stati per poter costruire un proprio piano pandemico. Questa bozza non sarebbe nient’altro che l’ennesima prova che nella gestione della pandemia si sarebbero succedute diverse mancanze. «Secondo un’informativa del 30 gennaio del Ministro della Salute Roberto Speranza alla Camera – aggiunge Robert Lingard – il Governo e probabilmente le Regioni erano a conoscenza della composizione genetica del coronavirus, degli stati di sviluppo della malattia e dei target più vulnerabili e, soprattutto, delle politiche intraprese dalla Cina per il contenimento dell’infezione. Citando l’informativa, infatti, “il nuovo virus pur essendo per il momento classificato come tipo B quanto a pericolosità, al pari della Sars, viene gestito come se fosse appartenente alla classe A, la stessa del colera e della peste”».
Ad aggravare la situazione avrebbe concorso anche una errata comunicazione dei rischi da parte delle Istituzioni ai cittadini, tanto che all’inizio il Covid era stato definito poco più che una normale influenza. «Questa informativa è stata mandata dal Ministero della Salute a tutti i presidenti di Regione – aggiunge Consuelo Locati, il legale del comitato -. Nel documento si fa anche un excursus su tutto ciò che era stato fatto nei giorni precedenti. Non capiamo come Attilio Fontana possa dichiarare il 25 febbraio “cerchiamo di sdrammatizzare, è una situazione difficile ma non così tanto pericolosa. Il virus è aggressivo nella diffusione ma molto meno nelle conseguenze. È poco più di una normale influenza e questo lo dicono i tecnici”. Questa dichiarazione è gravissima».
Tutti questi documenti sono stati depositati dal comitato questa mattina (giovedì 26 novembre) in Procura. «Nella memoria facciamo anche una considerazione di diritto rispetto all’elemento soggettivo del reato – continua l’avvocato Locati – citando una sentenza della Cassazione penale del 12 dicembre 2016 nell’ambito della vicenda di Thyssen Krupp. Quella sentenza rileva che può essere individuato un dolo eventuale a carico di chi ha reiterato azioni o omissioni tali da poter portare a conseguenze che potevano essere conoscibili»
Il presidente Luca Fusco ha poi voluto fare una precisazione in merito a quanto dichiarato la scorsa settimana dal presidente Attilio Fontana a un corrispondente di una testata della svizzera francese, che gli aveva domandato il perché non avesse ancora contattato il comitato. «A questa domanda ha risposto dicendo che lo avevamo denunciato e che per ragioni di opportunità procedurali in un processo penale è meglio che le parti non si parlino. È un’affermazione totalmente falsa. Faccio presente che il comitato non si è mai permesso di denunciare nessuno perché non siamo giustizialisti né giudici. Abbiamo semplicemente presentato in Procura degli esposti e raccontato dei fatti. Se il presidente si sente denunciato i casi sono due: o in effetti ha qualcosa da nascondere, oppure dovrebbe riprendere in mano il codice di procedura penale. Dire alla stampa estera che noi lo abbiamo denunciato sminuisce il lavoro che stiamo facendo, che è puntuale e preciso. Mi aspetto le sue scuse perché rispondendo in questo modo ci ha insultati».